Mps ridotta in frantumi, ancora in picchiata (-22%)

Giovedì 21 Gennaio 2016 di Roberta Amoruso
Mps ridotta in frantumi, ancora in picchiata (-22%)
ROMA - Sono passati solo sei mesi dall'ultimo aumento di capitale imposto dalla Bce a Mps: 3 miliardi, da aggiungere ai 5 miliardi di giugno 2014, l'assegno staccato per superare la prova della Vigilanza di Francoforte. Eppure ieri il titolo dell'istituto senese ha perso un altro 22,2%. Il nuovo minimo storico è 0,51 euro per azione. La capitalizzazione è ridotta sotto 1,5 miliardi, la metà dalla liquidità appena arrivata, meno di un quinto del patrimonio netto (10 miliardi a settembre). Da inizio anno il valore bruciato è il 58%. E soltanto ad agosto il titolo valeva 2 euro, circa 5,9 miliardi di capitalizzazione. Oggi, Mps è sempre la terza banca del Paese, ma vale meno della metà di Bpm (3,3 miliardi) e del Banco Popolare (3,1 miliardi), nettamente meno anche di Bper (2,5 miliardi).

I FONDAMENTALI
Come si spiega tanto accanimento? Non si spiega per il vertici della banca, scesi in campo in queste ore violente a snocciolare le cifre della solidità in una lettera agli azionisti. «Le prime evidenze sul 2015», scrive l'ad Fabrizio Viola, «confermano che l'andamento del tutto anomalo del titolo non ha alcun riscontro nei fondamentali». Inoltre, i conti sono in miglioramento: è stato «messo a terra uno sforzo straordinario per ridurre il portafoglio crediti anomali» (24,4 miliardi) e «sono perciò fiducioso» che l'obiettivo venga raggiunto. Quanto ai clienti preoccupati, «il deflusso di quei clienti che hanno spostato altrove parte dei loro risparmi è contenuto, e comunque inferiore a quello della precedente crisi del febbraio 2013 brillantemente superata».
Parole sentite, ma vane per il mercato, tornato a picchiare anche ieri sul titolo nonostante lo stop alle vendite allo scoperto imposto dalla Consob, e nonostante le continue sospensioni al ribasso (a ruota Carige ha ceduto il 17,8%).

Nemmeno il questionario Bce che inopportunamente rimette sotto osservazione ben 35 banche europee, può giustificare tanto accanimento sul titolo, seppure su una banca con sofferenze per 9,4 miliardi e incagli netti che a fine settembre pesavano per il 248% delle immobilizzazioni materiali.

L'INCUBO ETRURIA
Qualcuno ha intravisto anche l'ombra di una nuova stretta Bce con ulteriori accantonamenti. Ma non è questo il punto. O almeno non è solo questo. Già da tempo Mps rappresenta il ventre molle di un sistema bancario, quello italiano, alle prese con crediti malati ancora in aumento (oltre 200 miliardi) in un contesto di crescita economica ancora incerta. Ma va detto chiaramente che lo spartiacque tra la cauta fiducia dei mesi scorsi e il panico di questi giorni su Mps si chiama bail-in.

È quel meccanismo infernale con il quale nelle intenzioni dell'Europa si pone definitivamente fine agli aiuti di Stato alle banche (mai chiesti dall'Italia) facendo pagare il conto di eventuali crac anche ai possessori di obbligazioni, prima subordinate e poi a cascata anche quelle senior (largamente diffuse tra i risparmiatori), subito dopo gli azionisti (i depositi intervengono in ultima istanza per valori oltre i 100.000 euro). Tutto ciò avrà anche conseguenze dirette sui bilanci delle banche, visto che il bail-in scattato a inizio anno farà aumentare i costi della raccolta. Certo, finanziarsi sul mercato costerà di più per tutte le banche, ma le più colpite ovviamente sono quelle più deboli.
E qui torniamo a Mps, la banca debole per eccellenza, anche per colpa dei crediti deteriorati, resa ancora più fragile da un paletto assurdo come quello Bce sui tempi stretti per trovare un partner, missione sempre più difficile («C'è il rischio di un attacco per acquistare a prezzi irrisori», per il segretario della Fabi, Lando Sileoni»). Un dossier dal quale hanno preso le distanze le Poste, ma anche Unicredit e Intesa Sanpaolo.

Tutto questo condito con il clima da panico scattato dopo il salvataggio delle quattro banche, con tanto di svalutazione dei crediti chiesta dalla Bce all'83%, ha prodotto un mix micidiale. Non a caso ieri il bond subordinato Mps settembre 2020, cedola 5,6%, cedeva di altre 10 figure, scendendo al prezzo di 51,50 con un rendimento ormai al 24%, dal 7,5% di inizio anno: prezzi da acquisto per Davide Serra. E non a caso sempre ieri JpMorgan avvertiva che se in generale ogni aumento di 10 punti del costo del rischio porta a tagliare l'utile per azione 2018 dell'8%, Mps paga un conto ben più alto, il 12% rispetto per esempio al 5% di Intesa Sanpaolo.