Ue e manovra, Renzi resta in attacco: «Battaglia ancora lunga»

Giovedì 17 Novembre 2016 di Alberto Gentili
Ue e manovra, Renzi resta in attacco: «Battaglia ancora lunga»
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In pubblico, prima a Palermo e poi a Cagliari, Matteo Renzi per tutta la giornata non ha speso una sola parola sulle buone notizie piovute da Bruxelles. Né sull'apertura, per nulla scontata, della Commissione a favore delle spese per migranti e terremoto. Né su quella che suona come una vera e propria svolta, un'abiura all'austerity: l'invito agli Stati dell'Eurozona (Germania in primis) ad adottare «politiche espansive». Ma con i suoi il premier ha confidato: «Visto?! Fare la voce grossa è servito, però è solo il primo passo. La battaglia non finisce qui, la trattativa non è chiusa...».

Ecco spiegato, almeno in parte, il silenzio ufficiale di Renzi. Nessun riconoscimento al presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che con la doppia mossa e sospendendo il giudizio sulla legge di stabilità intende dare una mano al premier italiano in vista del referendum del 4 dicembre, per il timore che la caduta di Renzi abbia un effetto domino con l'avanzata in tutto il Vecchio Continente dei partiti populisti. E nessuna celebrazione del successo, come invece ha fatto il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan: «Lo stop all'austerity è una nostra vittoria». Questo perché, ha spiegato Renzi ai suoi, «nel 2017 c'è ancora tanto lavoro da fare. C'è ancora da combattere per cambiare verso all'Europa». E perché la Commissione, aperture a parte, di fatto chiede al governo una correzione dei conti di circa 5 miliardi.

LA STRATEGIA
Nei piani del premier, se dovesse riuscire a superare indenne l'Armageddon referendario e a presentarsi «decisamente più forte alla trattativa», c'è la revisione del Fiscal compact - la Bibbia del fronte rigorista guidato dalla Germania - che alla fine del prossimo anno dovrebbe essere sottoposto a un tagliando. Un proposito che Renzi ha svelato in ottobre: «Queste regole di bilancio hanno dimostrato di non funzionare, di rappresentare un freno alla crescita. Ci sarà una ragione per la quale l'Eurozona è l'area dove l'economia cresce di meno nel mondo?!». E c'è il ribaltamento dell'impostazione seguita fin qui dall'Unione per fronteggiare l'emergenza-migranti: da «una vera revisione» dei regolamenti di Dublino «senza penalizzare gli Stati di prima accoglienza come l'Italia», ai rimpatri comunitari, agli accordi per lo sviluppo con gli Stati di origine dei flussi, fino a condizionare lo stanziamento dei fondi per le aree depresse dell'Unione al sì dei singoli Paesi (soprattutto dell'Est) al rispetto degli impegni di relocation dei rifugiati nel proprio territorio. Tasto su cui Renzi batte da giorni e che martedì ha fatto scattare il primo veto italiano all'approvazione del bilancio europeo multiannuale.

Il premier, deciso a fare del vertice del 25 marzo a Roma «il nuovo patto fondativo dell'Unione», non ha brindato alle aperture della Commissione anche perché in questa fase i sondaggi consigliano che è meglio andare allo scontro con Bruxelles. Così anche ieri, nel suo tour delle Isole, Renzi ha messo in scena il copione che ormai recita a memoria: «L'Europa si deve ricordare di essere una comunità non solo quando prende i nostri soldi, ma anche quando c'è da dare». «L'Europa non può essere solo un insieme di codici e codicilli». «L'Europa non può essere austerity suicida e zerovirgola», etc.

LO SCONTRO PROSEGUE
Un martellamento che proseguirà almeno fino al 4 dicembre. E andrà avanti anche sul fronte della legge di stabilità, come dimostrano le parole di Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, e di Sandro Gozi, sottosegretario all'Europa. «L'Unione europea», sostiene Taddei, «vuole che l'Italia corregga i propri squilibri macroeconomici e noi abbiamo la stessa preoccupazione, non a caso siamo impegnati nel processo di riforme strutturali con il Sì al referendum costituzionale e con una legge di bilancio improntata alla crescita». E Gozi: «La Commissione denuncia un rischio di deviazione dagli obiettivi di bilancio, ma per noi non è reale e le nostre previsioni di crescita per il 2017 lo dimostreranno».

Insomma, la battaglia continua. «Anche perché», sostiene il capogruppo alla Camera Ettore Rosato, «come dimostrano le mosse della Commissione, battere i pugni sul tavolo e non dire sempre di sì permette di raggiungere risultati fino a qualche mese fa impensabili». Ma qui si torna al punto di partenza, al successo che Renzi non intende celebrare.
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