Moda, Annie Wu e il gender gap sul lavoro: «In H&M stesse opportunità e stessi benefit per uomini e donne»

La head of inclusion e diversity del colosso svedese: «La parità non è un’utopia Basta valorizzare le competenze e l’inclusione. E dare congedi uguali per padri e madri. Così si resta sempre competitivi con nuovi talenti»

Mercoledì 21 Febbraio 2024 di Veronica Timperi
Moda, Annie Wu e il gender gap sul lavoro: «In H&M stesse opportunità e stessi benefit per uomini e donne»

La diversità è un fatto, l’inclusione una scelta.

Un claim potente, quello ripetuto come un mantra da Annie Wu, head of inclusion & diversity di H&M Group. Un tema sensibile che unisce politiche aziendali internazionali con un focus sull’Italia con l’intento di una vera e propria rivoluzione culturale. Un tema che ha dato anche il titolo a una tavola rotonda voluta dal colosso svedese a Milano, con la partecipazione di Paola Profeta, pro-rettrice per diversità, inclusione e sostenibilità alla Bocconi di Milano, Erika Fattori, responsabile brand & communication di Nexi, membro del direttivo Women&Tech® ETS e promotrice di Women Empowerment Program e Francesca Vecchioni, presidente fondazione Diversity.

Annie Wu, head of inclusion & diversity di H&M Group

La sua azienda è una multinazionale con sede a Stoccolma. In Svezia, nelle aziende, a che punto siamo sul discorso parità di genere?

«L’uguaglianza di genere è ben radicata e promossa nei Paesi nordici, regolata dalla legge e integrata nella cultura del lavoro.

Questo è particolarmente vero in Svezia, dove è comune trovare aziende che hanno implementato benefici per le donne, sia su base volontaria che per adempiere ai requisiti imposti dalla legge. Tra gli esempi vi sono il congedo parentale, benefit legati alle ferie e una forte attenzione alle pari opportunità».

Una situazione ben diversa rispetto all’Italia. Cosa si potrebbe fare?

«Tutto dovrebbe partire quindi da un forte cambiamento nella cultura aziendale: se si è paritari ed equi nel dare le stesse opportunità a tutti, non si avrà bisogno di una vera e propria regolamentazione esterna. Se non si offrono le stesse opportunità a entrambi i sessi, a lungo andare si ostacola la capacità di attrarre i migliori talenti. Un’azienda moderna che voglia svilupparsi ed essere competitiva, deve lavorare per la soddisfazione delle persone, attraverso un impegno che vada oltre le attuali disposizioni di legge: i suoi manager devono premiare i risultati ottenuti allo stesso modo, valorizzando le competenze di tutti, con la massima inclusione e senza distinzioni, senza alcun pregiudizio di genere».

In Italia più di 44mila donne madri lavoratrici si sono dimesse nel 2022 per l’impossibilità di conciliare lavoro e famiglia.

«È un tema su cui va posta particolare attenzione. Il posto di lavoro e i percorsi di carriera non devono essere messi in discussione in caso di maternità, che deve essere considerata una risorsa per l’azienda e per la società e deve avere la massima tutela, sia attraverso il rispetto della normativa, sia attraverso un approccio aziendale che tenga conto delle esigenze specifiche che si creano contemporaneamente per le madri».

In H&M come è regolata?

«Consideri che in H&M la nostra leadership è composta per oltre il 70% da manager donne, e credo che la rivoluzione parta da qui: è naturale pensare a delle leader che siano anche madri e lavoratrici».

Il vostro modello scandinavo è stato traslato anche nelle sedi italiane?

«Decisamente sì. Con la sottoscrizione del Contratto Integrativo Aziendale dello scorso agosto, abbiamo esteso la durata del part-time post-partum per un periodo fino ai 6 anni di età del bambino, sia per le madri che per i padri, prevedendo inoltre per i neo genitori, che lavorano nei nostri punti vendita, che non venga pianificato più di un turno di chiusura a settimana, fino al compimento di un anno di età del bambino e due a settimana per il secondo anno di vita. Abbiamo previsto il congedo parentale extra time per entrambi, madri o i padri (anche dello stesso sesso). Se ci sono dipendenti inseriti in programmi relativi alla violenza di genere, l’azienda concede ulteriori 6 mesi di aspettativa, oltre ai 3 mesi di congedo retribuito già previsti dalla legge, in caso di discriminazione di genere».

Si parla spesso di moda inclusiva, secondo lei è vero?

«La cultura è moda e la moda è cultura. L’obiettivo comune deve essere quello di renderla accessibile il più possibile. Posso dire che H&M come brand è davvero inclusivo, sia per l’offerta di capi prezzi vantaggiosi, sia per la disponibilità di un’ampia gamma di taglie e di modelli, fruibile attraverso il nostro e-commerce. Siamo molto attenti al marketing, è essenziale che la nostra comunicazione e l’immagine che trasmettiamo riflettano chi siamo e in cosa crediamo. I nostri brand ambassador, ad esempio, vengono scelti per rappresentare la nostra moda e il nostro design in senso positivo, diverso e sano. Ma l’inclusione richiede miglioramenti e adeguamenti costanti, quindi non possiamo mai dire di aver concluso il nostro lavoro in questo campo».

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Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 06:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA