La parità negli stipendi è lontana per le manager guadagni dimezzati

Sabato 28 Ottobre 2023 di Franca Giansoldati
La parità negli stipendi è lontana per le manager guadagni dimezzati

Purtroppo per le donne, a qualsiasi latitudine, le conquiste sociali appaiono sempre un'eterna strada in salita. Lo sanno bene le islandesi che quattro giorni fa hanno incrociato le braccia. Scuole, asili, negozi, uffici chiusi. La premier Katrin Jakobsdottir con le ministre del suo gabinetto si è unita alle 100 mila scioperanti che rivendicavano equità negli stipendi e la fine delle violenze di genere.
Ovviamente non era la prima volta che le islandesi scendevano in piazza: il primo sciopero del genere risale al lontano 1975, quando il 90% delle donne si rifiutò di lavorare, pulire o prendersi cura dei bambini, manifestando rabbia per le discriminazioni sui luoghi di lavoro.

L'anno successivo fu approvata una legge che garantiva la parità di diritti indipendentemente dal genere.


Se in Islanda, classificata per 14 anni di fila dal World Economic Forum, la nazione più equa del mondo, le donne sono dovute ricorrere nuovamente a una contestazione del genere, significa che il cammino globale va davvero a rilento. Cambiare la cultura di fondo che per secoli ha tracciato la strada collettiva è un processo piuttosto complesso che evidentemente richiede più tempo del previsto.

IL NOSTRO PAESE

E in Italia a che punto siamo in fatto di diritti? Tanto per cominciare nel primo semestre del 2023 l'Istat ha rilevato che il tasso di occupazione femminile è stato pari al 52,6%, a fronte del 70,6% degli uomini. Ancora poco e dunque non sorprende se nella classifica stilata dal Global Gender Gap Report 2023 del World Economic Forum il nostro Paese sia al 79esimo posto su 146 nazioni analizzate, avanzando negli ultimi cinque anni solo di qualche punto. La retribuzione oraria, invece, è stata pari a 15,2 euro per le donne e a 16,2 euro per gli uomini. Il gender pay gap lo scarto di reddito a parità di livello - risulta più alto tra le figure dirigenziali (27,3%) e tra laureati e laureate (18%).

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Nell'ultimo decennio le cose però si sono mosse, se non altro perché il tema della parità ha fatto capolino nell'agenda politica degli ultimi governi e nei dibattiti sui mass media coinvolgendo l'opinione pubblica a riflettere sulla situazione generale.
Tra le cause del divario salariale restano sempre da tenere sott'occhio i diversi percorsi di istruzione: le studentesse tradizionalmente si preparano ancora per strade professionali meno richieste dal mercato del lavoro, inoltre vi è sempre una sovra rappresentazione femminile nei settori a bassa retribuzione, come la sanità e l'educazione, contrariamente agli uomini che dominano i settori ad alto reddito, focalizzati per lo piu su competenze STEM (80%). Infine, da non dimenticare, il carico di cura familiare che sta comportando una lievitazione delle richieste di part-time da parte delle lavoratrici.

ANALISI

Che la parità di genere non sia più soltanto un tema sociale ma un'urgenza di natura economica lo sanno bene i Ceo delle aziende quotate sul mercato italiano. Proprio in questi giorni hanno preso parte all'evento "Il dilemma della diversità, dell'equità e dell'inclusione: destinato all'irrilevanza o cruciale per la strategia aziendale?" promosso da EDGE, la fondazione che detiene la metodologia di certificazione della diversità, equità e inclusione (DEI) sul luogo di lavoro, in collaborazione con Valore D, l'associazione di imprese che promuove l'equilibrio di genere.
Dagli ultimi dati diffusi relativamente ai compensi dei membri delle società quotate, i dati indicano che man mano che le donne salgono nella scala aziendale, la loro rappresentanza diminuisce nei cda e il divario retributivo cresce. Tra i vertici esecutivi la differenza è del 77%, con una media di 754.754 euro per gli uomini e 426.584 euro per le donne. Per i ruoli non esecutivi, il divario si riduce al 47%, mentre la retribuzione complessiva diminuisce.

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