Vite "In box": «Effetto lockdown,
qualcosa è accaduto ai nostri corpi»

Giovedì 30 Dicembre 2021 di Chiara Pavan
Il libro Un'immagine tratta dal progetto della coreografa Laura Boato

IL LIBRO

«Fatico ad essere chi sono», «a sentirmi veramente felice», «a non abbracciare le persone quando le vedo», «a usare il computer come “mezzo” di relazione», mi sento «imprigionato dalla paura degli altri», «da chi si rinchiude per paura e si sente migliore». Frammenti di pensieri al tempo del covid. Paure, piccole gioie, riflessioni, angosce, parole affidate a un piccolo gruppo di amici. Quelle settimane di lockdown in cui l’Italia è stata messa “in pausa” nella primavera 2020 hanno cambiato qualcosa. «E qualcosa è accaduto ai corpi». E la coreografa e formatrice veneziana Laura Boato, anima del Centro Teatrale di Ricerca di Venezia e dell’associazione Indaco fondata nel 2003 a Mogliano, ha voluto guardarci dentro. Da un invito a riflettere su cosa «stava accadendo dentro di noi» lanciato ai partecipanti dei suoi laboratori di danza e movimento, è nato il potente volume “INBOX_IT2020”, un’opera collettiva che Boato ha curato col fotografo Luca Giabardo: un racconto per frammenti volto a «fare memoria e a fare pace» (veste grafica di Seraina Rizzardini e stampa Grafica Effe2 per Tracce Edizioni), uscito dapprima in 300 copie e “bruciate” subito, «e ora in fase di valutazione da alcune case editrici in vista di una ristampa allargata.

Nel mentre è ancora rimasta qualche copia alla Libreria Mondadori di Mogliano».

L’IDEA

Il titolo, “In_Box”, rimanda proprio a una scatola che si chiude, «che ci chiude e che ci mette in pausa» osserva la coreografa, ideatrice anni fa della suggestiva passeggiata danzata, con un centinaio di artisti e gran parte della comunità, tra le industrie di Porto Marghera, poi confluita nel documentario “Mar gh’era - un secolo in corsa”. E “INBOX_IT2020”, scia lunghissima di pensieri ed emozioni, permette di entrare nel cuore degli altri. «Si dice spesso “Il lockdown” e tutti diamo per certo di sapere, di conoscere bene ciò a cui ci si sta riferendo- spiega l’artista - Eppure io credo che non esista “Il lockdown”: ciò che è stato davvero, sono oltre sessanta milioni di lockdown, ciascuno molto diverso dagli altri». Il libro raccoglie così le riflessioni di 65 persone tra gli 8 e i 74 anni, insegnanti, studenti, artisti, artigiani, sanitari, liberi professionisti e dipendenti, in cerca di occupazione e disoccupati, «un’Italia in miniatura» pensa Boato: non tutti si conoscono tra loro, ma condividono una pratica di movimento con Laura, accettano di partecipare al suo progetto per registrare e dare voce a cosa stava accadendo: ai loro corpi, al loro sentire, alle loro vite. «Quando l’Italia si è bloccata, e quindi anche tutti i corsi e i laboratori di danza e movimento, l’unico contatto possibile tra me e i miei studenti, grandi e piccoli, era telematico: mail, chat, sms. - aggiunge Laura Boato - Ma non avevo parole o pratiche da offrire a distanza: la pratica corporea cui da anni mi affido e che insegno si fonda sulla relazione e mi era impossibile immaginare di tradurla così all’improvviso in un corso online». Tuttavia, «verso la metà aprile mi è parso di sentire che qualcosa stava accadendo ai corpi. Al mio corpo, se non altro. Questa situazione surreale che si protraeva nel tempo stava modificando gli equilibri: stava accadendo qualcosa di denso, di potente, dentro. Mi sono detta che sarebbe stato importante provare a registrarlo, anche se non avevo idea di come».

IL PIANO

Di qui l’idea di scrivere agli studenti e di chiedere loro di partecipare al progetto, «l’idea iniziale era di raccogliere del materiale per poi tradurlo in coreografia». La risposta è stata entusiasta e collettiva. Una sorpresa, per Boato, che inizia ad articolare il lavoro: dieci consegne legate ai capitoli del libro, da “ho scoperto che” a “fatico a”, “lontano da”, “vicino a”, “tempo per”, “non vedo l’ora di”, “paura di” e “non rinuncio a”, “la musica che gira intorno”. «Volevo indagare gli elementi base della coreografia e perciò il tempo, lo spazio, lo stato interno, l’emozione, l’intenzione - osserva l’artista -. Le ultime due consegne chiedevano un’immagine che raccontasse la propria esperienza di isolamento e una musica/un suono che in qualche modo l’avesse accompagnata». Compito finale, quello di raccogliere il materiale arrivato dandovi una «forma da coreografa, senza toccare i testi: bisognava decidere chi apre chi chiude, dare un’organizzazione ritmica, seguendo una sorta di musica, come passare il testimone da uno all’altro, con fluidità, come i pezzi di una danza».

IL VIAGGIO

Il risultato è un appassionante viaggio dentro pensieri ed emozioni altrui, un invito a fermarsi e riflettere per ascoltare l’altro, passando «dal frastuono più dissonante» ad un’intimità che riscalda il cuore. Dai bambini che vorrebbero tornare a scuola e riabbracciare l’amico del cuore a chi invece sogna di guardare il mare, respirando con lui. Boato analizza testi lunghi «che non contenevano nulla di superfluo», testi brevi «che non tolleravano di essere accostati ad altro. Ho ordinato per senso, ma a volte anche per ritmo, per immagine, per musica». E mentre “fuori” ogni differenza diventa fonte di conflitto, «io assistevo invece al radicarsi della sincerità con cui le persone si davano e alla grazia con cui accoglievano il vissuto di tutti gli altri». Nella sua “Italia in miniatura” Boato osserva «che siamo capaci, se lo vogliamo, di provare a raccontare. Ad ascoltare. A comprendere. Ad accoglierci e darci spazio, nelle differenze». Piccoli miracoli al tempo del covid. 

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