Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 80, giorno 9. Più rovesci che Diritti
anche l'ultima Italia annaspa: Lubo scialbo

Venerdì 8 Settembre 2023

Si è conclusa la manifestazione della nutrita pattuglia italiana in Concorso. E non nel migliore dei modi, anche se c’è stato chi ha fatto peggio, anche ieri, per dire. “Lubo” di Giorgio Diritti ha un handicap non da poco: dura tre ore e quando si arriva a tale lunghezza, bisognerebbe giustificarlo. E invece il film non lo fa. Trascina a lungo una prima, abbondante parte, per poi virare quasi bruscamente, affastellando una serie di avvenimenti, come a recuperare il ritardo. La storia di Lubo è lacerante. Nella Svizzera dei Grigioni, all’alba della II Guerra Mondiale, Lubo è un nomade che gira per le piazze dando spettacolo, assieme alla moglie e i suoi bambini. Chiamato nell’esercito, scopre ben presto la morte della consorte e il “rapimento” dei figli, secondo un programma di rieducazione degli infanti di strada. In una seconda vita, con un altro nome dopo aver disertato, e stabilitosi in parte anche in Italia, diventa un mercante di gioielli, tra alberghi di lusso e frequentazioni mondane, soprattutto femminili. Nuovamente innamoratosi di una cameriera, ha un nuovo figlio. Ma nel frattempo la verità viene a galla. Con “Il vento fa il suo giro” il regista bolognese si era proposto, una ventina d’anni fa, come un regista da tenere d’occhio, se non altro per il successo di pubblico. Tuttavia di film in film ha visto sciupata questa lusinghiera partenza, anche se va detto che probabilmente “Lubo” un po’ di terreno lo recupera, se non altro rispetto a “Un giorno devi andare”. Se Franz Rogowski si conferma uno degli attori più apprezzabili nel panorama odierno europeo, attraversando il film con struggente malinconia, anche nei momenti più generosi, il film non dimostra mai vitalità, reggimentato da una regia regolarmente ordinaria, che non riesce a dare impulso agli avvenimenti, nemmeno nei passaggi più drammatici. Ne esce un film piuttosto incolore, più vecchio che classico, a dispetto di una vita movimentata e piuttosto crudele, dal passo più televisivo che cinematografico. Tenuto in piedi dalla forza della denuncia di una “tratta” dei bambini, riassunta al solito con le didascalie finali, non è purtroppo nemmeno ravvivato dal suono improvviso di una fisarmonica. Voto: 5.

Difficile comprendere invece la presenza in Concorso di “Holly” della belga Fien Troch, forse catapultata in gara per il Leone per essere stata premiata 7 anni fa in Orizzonti con il film “Home”. Potrebbe bastare? No. Holly è un’adolescente che una mattina telefona alla scuola per dire che non andrà a lezione, perché ha un presentimento. Nell’incendio che scoppia muoiono diversi ragazzi. Una delle docenti invita Holly a far parte di un gruppo di volontari che aiutano le persone in difficoltà. Holly è quasi venerata come una santa, ma il ruolo rischia di schiacciarla, al pari del suo amico del cuore, un ragazzo disturbato, vittima di bullismo da parte dei suoi coetanei. Un film che sembrerebbe magmatico per fargli un complimento, ma che in realtà è un pasticcio continuo, senza calamitare alcuno dei temi fondamentali e nemmeno l’immagine e il ruolo ambiguo che ha questa ragazza. Un disordine che non diventa mai caos allegorico o frantumazione di certezze e nemmeno denuncia di temi scottanti, qual è la prevaricazione in età scolastica. Ci si perde in un racconto senza un centro di gravità e senza mettere a fuoco praticamente nulla, con lunghe pause che non creano mai interesse cinematografico. Voto: 4.

Finisce che per divertirsi bisogna fuggire nei Fuori Concorso. Con un regista che è una garanzia, anche quando non firma le sue cose migliori e questo “DAAAAAALI!” non lo è. Dal titolo è un omaggio scanzonato e quasi irriverente al surrealismo del grande pittore, qui esaltato nelle sue manie. Un artista al quale il cinema di Quentin Dupieux non poteva non arrivare. E anche se è una cosina fragile, si ride comunque, a cominciare dalla scena del corridoio dell’hotel, con situazioni magari non nuove, ma che reiterate all’infinito non possono non divertire. Voto: 6.

 

Ultimo aggiornamento: 07:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA