Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 80, giorno 8
Garrone, la fiaba degli immigrati funziona

Giovedì 7 Settembre 2023

Matteo Garrone ormai ha sposato la fiaba ed è comunque il film migliore della giornata, pur senza lasciare entusiasmo, ma nell’affollata bolla del cinema italiano qui alla Mostra sa ritagliarsi l’onestà della scelta e la coerenza del risultato. Insomma Garrone resta dalle parti di “Pinocchio” e, ancora prima, di “Il racconto dei racconti”, nonostante il terreno del “fantastico” per lui non sia privo di inciampi. Come avrete capito il Garrone che preferiamo, a parte “Reality”, è quello più dark, che racconta storie cupe, dissonanti con il mondo e ambienti, relazioni malsane, da “Gomorra” a “L’imbalsamatore”, da “Primo amore” a “Dogman”. Siamo in un villaggio del Senegal, dove due cugini, Seydou e Moussa, decidono di partire per l’Europa, dopo aver raccolto una sufficiente quantità di denaro, piuttosto ignari delle difficoltà possibili e soprattutto eludendo le raccomandazioni genitoriali, contrarie a tale avventura. L’odissea, infatti, infrange immediatamente il tono quasi da gita iniziale: al primo duro impatto la realtà si impone in modo drammatico. Ben presto, dopo aver subìto i primi maltrattamenti e i primi “furti” di denaro, i due giovani vengono brutalmente separati. Seydou affronta il proprio inferno, fino a ritrovare a Tripoli Moussa, ferito gravemente a una gamba: i due riescono a imbarcarsi e sarà proprio Seydou (un bravissimo Seydou Sarr) a governare la nave. Al contrario della Holland, che il giorno prima aveva mostrato l’immigrazione sul confine bielorusso-polacco in modo crudo e grave (l’impatto emotivo comunque è nettamente sbilanciato dalla parte della regista polacca), Garrone si affaccia nel sogno: basterebbero dettagli fondamentali, dal salvataggio nella camera delle torture fino alla costruzione della fontana, per capire che non ci si muove più su un piano realistico. La storia “vera” potrebbe già essere finita lì, però il viaggio si accompagna al probabile desiderio di Seydou di arrivare alla meta, non solo compiendo il proprio cammino, ma addirittura diventando l’eroe della traversata, con tanto di giubilo finale al grido di “Io capitano”, ripetuto più volte a squarciagola, che forse è l’emozione forte che si è cercata durante tutto il film e che non arriva quasi mai. In definitiva, anche ammettendo che i due cugini arrivino sul serio sulle coste italiane, è chiaro che il paradiso non è nemmeno qui, come ben sappiamo dalle cronache di ogni giorno: in ogni caso l’happy end è finto. Resta un film attraente per il grande pubblico, ma che non sempre riesce a togliersi di dosso la sabbia di una favola spesso piatta. Voto: 6,5.

Anche “Origin”, sempre in Concorso, ha elementi ragionevolmente importanti, ma non riesce a trovare la misura e la forza cinematografica per raccontarli. Ava DuVernay porta sullo schermo la vita della giornalista-scrittrice premio Pulitzer Isabel Wilkerson, oggi poco più che 60enne, che mira alla connessione tra Olocausto, discriminazione razziale statunitense e persecuzione dei dalit in India, per dimostrare che in realtà tutto questo più che al razzismo fa pensare alle caste e alla loro supremazia. Ibrido tra finzione e documentario, “Origin” ben presto esaurisce la sua tesi, nonostante duri l’eccesso di oltre due ore: fin troppo didattico, con uno spiegone finale di oltre mezzora, dove la DuVernay ripete fino allo sfinimento i medesimi concetti, il film è piuttosto schematico, anche nelle digressioni più familiari della protagonista, per lo più segnate da tragici lutti, compreso quello precoce del marito. Insomma siamo dalle parti di un contenuto ovviamente condivisile, ma con una forma poco appetibile, sulla quale le Giurie solitamente sorvolano. Voto: 5.

Infine è del tutto trascurabile il Fuori Concorso targato Francia, un’incursione nel mondo del giornalismo televisivo, che racconta l’esordio da stagista di Gabrielle in una redazione di Grenoble. Alix Delaporte, scoperta una decina d’anni dalla Settimana della Critica con “Angèle et Tony”, con “Vivants” non va però al di là di una distratta e banale messa in scena. Voto: 5.

 

Ultimo aggiornamento: 07:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA