Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Il male non esiste, ma il cinema resiste
Iran e Afghanistan, il dolore e la speranza

Giovedì 10 Marzo 2022

Dei quattro episodi che compongono “Il male non esiste”, in uscita nelle sale italiane a ben due anni dalla vittoria dell’Orso d’oro alla Berlinale 2020, il primo è senza dubbio quello che rimarrà più impresso, non foss’altro per un finale inatteso e tra i più scioccanti. Siamo in Iran e facciamo la conoscenza con Heshmat, 40 anni, una famiglia con figli, persona cordiale, generosa, che si prodiga in tutti i modi anche per salvare un gatto ai vicini di casa. Lo vediamo immerso in una quotidianità come tante, una normalità tranquillizzante, un lavoro del quale sappiamo tuttavia molto poco. Una storia personale apparentemente assai banale, che squarcia improvvisamente le pacate azioni con un gesto che si direbbe altrettanto solito, consueto, compiuto quasi con indifferenza. Ma non tutti i gesti, anche i più abituali, portano alle medesime conseguenze. E qui esplodono in modo feroce. Mohammad Rasoulof è un altro dei registi iraniani osteggiati dal regime. Sottoposti a continue censure, quasi tutti i suoi film non sono mai usciti nei cinema del suo Paese. Arrestato come altri suoi colleghi, condannato e rilasciato anzitempo solo su cauzione, non ha potuto essere presente a Berlino per ricevere l’importante premio, assegnato a un film che affronta lo spinoso problema della pena di morte (o della morte in generale che si può procurare ad altre persone) in un Paese tra i più crudeli al mondo nell’applicare detta legge barbara. Nel secondo episodio, dove si entra più esplicitamente e direttamente sull’argomento, troviamo il soldato di leva Pouya, che sogna di ottenere presto un passaporto ed espatriare con la fidanzata. Ma gli viene ordinato di eseguire una condanna a morte. Il ragazzo si vede quindi tormentato nello scegliere tra uccidere una persona e ottenere la possibilità di abbandonare il Paese o rifiutarsi, pagandone le conseguenze. Javad, anche lui soldato e protagonista del terzo episodio, si reca in permesso nel paese della sua ragazza, con l’intento di chiederla in sposa. Ma arrivato trova la cerimonia funebre di un condannato a morte, che si scoprirà essergli assai vicino. E infine nel quarto Bahram, uomo maturo gravemente ammalato, attende l’arrivo della nipote Darya, per svelarle un segreto che pesa da una vita intera. Rasoulof dà il meglio nei racconti più severi e cruciali, ponendo questioni morali sul fare o non fare, destabilizzando apparenze e ragioni. Meno convincenti gli ultimi due frammenti, che a volte tradiscono il bisogno di poetizzare racconti altrettanto devastanti. Ma “Il male di vivere” resta nella sua globalità un’opera convincente, tra paesaggi dolenti, anime agitate e “Bella ciao”, che qui risuona nella versione di Milva, pur usato in circostanze del tutto slegate alla sua notorietà. Voto: 7.

FLEE - Che cosa ci può essere di peggio per un ragazzo afghano, fuggito dalla propria terra martoriata, abbandonando tutto per raggiungere l’Europa, dopo diversi tentativi strazianti, fino ad essere oggi uno stimato accademico danese? La storia di Amin, già di per sé atroce, aggiunge infatti segreti e bugie che hanno rischiato per molto tempo di rendere vana questa speranza. Mescolando animazione e immagini di repertorio, il documentario “Flee” di Jonas Poher Rasmussen racconta questa dolorosa storia, trovando la giusta distanza da una vita sofferta, riscattata da un oggi confortevole condivisa con il proprio compagno. In corsa per l’Oscar. Voto: 6,5.

LA PROMESSA - Un film francese diretto da Thomas Kruithof, dove ancora una volta Isabelle Huppert si prende la scena, interpretando una sindaca che probabilmente in Italia molti voterebbero volentieri. Siamo vicini a Parigi e Clémence sta finendo il suo mandato e sembra voler tirare la volata alla sua vice. Da tempo sta combattendo contro il degrado di una società che alimenta povertà, disoccupazione e sfruttamento. Con il piglio da thriller, Kruithof con “La promessa” è soprattutto diligente a descrivere gli ingranaggi perversi della politica, le mosse improvvise per destabilizzarli e la volontà di non tradire i propri elettori. Tutto molto bello (al cinema, meno nella realtà), anche se il film è più di routine che avvincente. Voto: 6.

 

Ultimo aggiornamento: 23:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA