Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Il ladro di giorni: un road movie debole
lungo l'Italia per imparare a crescere

Venerdì 7 Febbraio 2020

Salvo è un ragazzo che vive con gli zii in Trentino. Suo padre è stato arrestato per droga diversi anni prima e non l’ha più rivisto, ma nel giorno della sua Prima Comunione, all’improvviso il genitore riappare. E chiede di portarlo con lui in un breve viaggio fino a Bari. In realtà vuole servirsene come copertura, avendo anche stavolta un carico di droga da consegnare. E soprattutto cercare l’uomo che allora tradì, facendolo arrestare. Lungo il percorso, padre e figlio cominciano a conoscersi e dopo l’iniziale diffidenza, soprattutto da parte di Salvo, tra la coppia inizia una complicità che porta il ragazzo a conoscere la vita nei suoi aspetti più duri e il genitore a riscoprire affetti perduti.
Ai tempi di “Là-bas – Educazione criminale”, scoperto dalla Settimana della Critica a Venezia nel 2011 e vincitore del Leone d’oro del futuro, Guido Lombardi si era distinto per la capacità di raccontare un tragico episodio di cronaca accaduto a Castel Volturno, con un sguardo documentaristico, dando, con sensibilità, forma a personaggi e situazioni inquiete. Purtroppo molto di questo manca a questa sua opera terza, “Il ladro di giorni”, che riducendo la trama al rapporto, prima tormentato e poi via via sempre più di solidarietà, tra padre e figlio, vorrebbe anche declinare un racconto di formazione attraverso un’Italia, attraversata da Nord a Sud, che resta però sempre sullo sfondo.
Di per sé non particolarmente originale come idea, il film s’incaglia spesso su una sceneggiatura fragile, cercando di ravvivare il racconto con un montaggio alternato tra passato e presente, dall’episodio che portò il padre in carcere fino all’avventuroso viaggio odierno, sparpagliando le varie soste del percorso avviate sempre con una disubbidienza iniziale capace di innescare un pericolo, un incidente, un momento di tensione, come quello, forse il migliore, in cui riemerge lo spirito documentaristico di Lombardi, con la processione dei flagellanti.
Partendo da un soggetto premiato con il “Solinas” ben 13 anni fa e sorretto anche da un romanzo pubblicato lo scorso anno, il film si snoda in maniera piuttosto meccanica, ordinando una serie di vicissitudini senza trovare però un modo coinvolgente di renderle davvero palpitanti, facendo leva anche su richiami simbolici come il tuffo in acqua, che Salvo da bambino non riuscì a fare, o la lettura de “L’isola del tesoro”, che lega in qualche modo fantasia e realtà del ragazzo, viaggiando verso un finale molto caricato, dove la vendetta si consuma in modo crudele.
Riccardo Scamarcio si sforza di essere un padre duro dal cuore tenero, ma la vera sorpresa è il piccolo Augusto Zazzaro, che di tutti è il più credibile. Voto: 5.
  Ultimo aggiornamento: 10:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA