Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Cannes 75, giorno 5. Inciampo Desplechin
Sarcasmo Östlund, Mungiu ruvido

Domenica 22 Maggio 2022

FRÈRE ET SOUER di Arnaud Desplechin (Concorso) – Fratello, sorella. Poi ci sarebbe anche un terzo incomodo tra i figli, ma non ci interessa. Si odiano. Da tanto tempo. Chissà perché. Non ci interessa. Accorrono al capezzale dei genitori, usciti malissimo da un incidente stradale spettacolare. Non si parlano. Si odiano. Poi alla fine si amano. Ti amo, poi ti odio, poi ti amo e poi ti odio, cantava Mina. Lei (Mario Cotillard) è un’attrice, lui (Melvil Poupaud) uno scrittore. Borghesi, intellettuali. Desplechin torna un po’ al suo cinema di famiglie in un interno, non scioglie mai i nodi dell’ineluttabilità dei sentimenti, stabilisce sempre il senso della messa in scena (il teatro, la scrittura), ma stavolta si ingolfa in un vortice di frammenti, allusioni, capovolgimenti, fraintendimenti, digressioni estetiche (lui che spicca il volo), senza riuscire a compattare una materia incendiaria. Certo a molti, quorum ego, piace che il film, nella sua libertà, possa azzardare, azzannare la realtà, masticarla e sputarla, ma il rischio è che stavolta non resti molto sapore, solo lo scandaglio di due fratelli, intellettuali e viziati. Ma c’è dell’altro: la fan rumena, il finale in Africa, sono personaggi e situazioni che mettono a disagio, se pensati da un narratore spesso così sensibile. Anche i migliori possono inciampare. Voto: 5.

TRIANGLE OF SADNESS di Ruben Östlund (Concorso) – In crociera, alcuni personaggi ricchi cercano svago, mentre la nave viene sballottata da un forte temporale. Finale da Isola dei famosi. Östlund continua la sua operazione di dissacrazione di una società fondata sul capitale e sulla bellezza, a cominciare dalla scena iniziale con un casting di ragazzi a torso nudo per fare passerella. Scava con il consueto sarcasmo, al tempo stesso feroce ma anche un po’ facile, nella carne di personaggi immorali, inventa battute continue a orologeria, firma un nuovo capitolo “politico” con la lotta di classe finale e il ribaltamento dei ruoli, non si ferma davanti all’esagerazione (la lunga galleria di vomito e feci, per il mal di mare), mostra il suo disprezzo per una umanità corrotta dal denaro e dal dominio e vittima di se stessa (il fabbricante di armi). Un po’ grossolano anche se divertente, un po’ ricalcato sul precedente “The square” (più riuscito), qui Palma d’oro nel 2017, un po’ troppo lungo. Voto: 6,5.

R.M.N. di Cristian Mungiu (Concorso) – In un villaggio dove convivono rumeni, ungheresi e tedeschi, gli abitanti vanno in fibrillazione per la presenza di alcuni immigrati cingalesi, regolarmente impiegati. Mungiu esplora con il consueto stile scarno e implacabile un piccolo mondo in miniatura dominato dall’intolleranza sotterranea, nonostante l’apparente convivenza di diverse etnie. Cinema dichiaratamente politico, ruvido, mai esornativo, ma anche ormai uno stile che si perpetua in un autore tra i più radicali della grande ondata rumena, qui pronto anche all’allegoria. Pezzo di autentica bravura il lunghissimo piano sequenza dell’assemblea, che finalmente dà uno scatto vibrante al film. R.M.N. sono le consonanti di Romania (oltre che la sigla della risonanza magnetica). Voto: 7.

TRAILLEURS di Mathieu Vadepied (Un certain regard) – Nella Grande Guerra, senegalesi dei villaggi arruolati con forza dall’esercito francese vengono mandati al fronte. Un padre si unisce alle truppe per seguire dal vicino (e possibilmente salvarlo) il proprio figlio, uno dei tanti ragazzi africani mandati a morire. Vadepied descrive una realtà storica senza trovare mai un’espressività coinvolgente. Basico e piatto, non va oltre lo sceneggiato girato per ricordare una pagina coloniale dimenticata, come tante altre. Voto: 4,5.

 

Ultimo aggiornamento: 10-08-2023 16:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA