Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Bentornata: da Lady Gaga a Tsai Ming-liang
la Mostra parte dalla Luna per arrivare dove?

Mercoledì 29 Agosto 2018

Come sempre è un ritornare fluido, un inseguirsi di esperienze, ricordi, sussulti, un agitarsi vacuo e soffice nello spazio che il cinema ci riserva sempre con attenzione, desideroso di mostrarsi, infatuare, coinvolgere, sconvolgere: il Lido emerge dal vaporetto che avanza e sembra, ogni anno, di rivedere casa.
In questo eterno riannodare il passato, la Mostra di Venezia è l’epifania nel calendario del nostro cuore di cinefili. E così ogni anno che si ricomincia da qui è un ammaestrare lo sguardo in cerca di novità, mai così abbondanti negli ultimi anni: il nuovo foyer, le nuove sale, l’esplanade davanti al Casinò con il suo bianco abbagliante, la Sala Giardino con il suo rosso fiammeggiante, la Realtà Virtuale nel suo eremo del Lazzaretto Vecchio, diviso appena da una sottile striscia d’acqua di laguna: tanti ritocchi e rinnovi per dare nuova luce, nuova linfa; e adesso il Des Bains rinato, dopo il calvario dell’abbandono, spogliato di ogni morte a Venezia e addobbato con una mostra sulla Mostra, piena di storie di facce e film, istantanee rubate gli attimi fuggenti: siamo alla 75esima alba di un’avventura che continua a ripetersi, mai negli ultimi anni così desiderosa di imporsi al mondo, pronta a soffiare il primato scricchiolante di Cannes.
Che Mostra sarà ci chiediamo ogni anno nel giorno inaugurale, speranzosi di un’annata indimenticabile ma anche consapevoli di probabili delusioni. Però mai come stavolta si capta la sensazione di una edizione vertiginosamente ricca, tanto da mettere in preventivo la rinuncia a troppe cose invitanti, per mancanza inesorabile di tempo. Venezia spalanca le braccia alle star e al cinema d’autore più autorevole, si appropria di un ruolo che sembrava irrimediabilmente perduto e invece ricostruito con pazienza e intelligenza da una Biennale e un Direttore capaci di arginare le lamentele, altrui ma anche proprie, riaffermando che la fragilità può essere il motore inatteso di una forza futura, un po’ come l’Araba Fenice chiamata a rinascere dalle proprie ceneri.
Baratta e Barbera, in quell’allitterazione che li lega in un sodalizio fortunato e prolungato nel tempo, hanno saputo agire di conseguenza. Il risultato è che oggi andiamo a iniziare una Mostra che aveva già stupito nel giorno della presentazione del programma, in un’atmosfera che forse non potrà mai essere la luccicante, sciccosa movida cannense, ma non è più quella landa desolata che rendeva malinconica la nostra presenza. Venezia è quello che può essere e adesso non ci rinuncia, attenta a tutto, a cominciare dal gestire con discrezione una sicurezza per gli ospiti all’interno della Cittadella, mai urgente come in questi tempi disastrati e pericolosi, altrove amministrata con spavalda e talora arrogante approssimazione. Certo ci sono state anche mani alzate su questo o quel dubbio: l’unica donna regista in Concorso, l’invasione dei prodotti Netflix e Amazon osteggiati sulla Croisette, la predilezione ossessiva per le produzioni americane e in generale anglofone, tanti temi che hanno acceso una vigilia non priva di polemiche e perfino attacchi insidiosi a Barbera, che in realtà dimostrano la rinnovata importanza del festival.
La Mostra è il patrimonio genetico di un cinema che rinnova i suoi fondamentali con tempistiche sempre più rapide e cangianti; ma è anche un rileggere la Storia del nostro Paese, forse quasi più politicamente che artisticamente. E 75 anni (in realtà sono 86 dal suo avvio, 1932, primo festival al mondo: la nobiltà non è acqua) sono un percorso sostanziale per capire le cose: l’Italia che ha attraversato il Novecento e questo inizio di nuovo Millennio è passata tutta qua.
E allora godiamoci questa Mostra mostruosa. Se come diceva Guccini i nostri occhi spalancati sul mondo sono carte assorbenti, li troveremo alla fine imbevuti probabilmente da quella smania di non perdere un fotogramma, ingordi di quell’emozione che ci prende quando in sala si chiudono le luci. Si parte dalla Luna (il film inaugurale è dedicato alla vita di Neil Armstrong, il primo uomo che ha messo piede sul nostro satellite), come in un viaggio di Jules Verne all’incontrario. La strada è lunga, ma la compagnia è bella e varia, da Lady Gaga a Tsai Ming-liang: tutti per il cinema, il cinema per tutti.
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