Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Un colpo di cinema: Allen non sbaglia mira
Hamaguchi ecologico: l'uomo e la natura

Venerdì 8 Dicembre 2023

Su Woody Allen, giunto a 88 anni a firmare il suo 50esimo film, non è facile dire qualcosa di originale. Sappiamo che ci ha spesso intelligentemente divertiti, che i suoi film hanno una rara capacità sintetica di raccontare storie e personaggi conditi con quello sguardo a tratti sarcastico con il quale la vita sarebbe probabilmente più affrontabile. Non essendo un regista eclettico, la sua autorialità è sinonimo automatico di soddisfazione. Sarebbe tuttavia riduttivo considerarlo solo un regista che fa commedie e che fa ridere: anche il pubblico smaliziato sa che non è vero e non è nemmeno giusto pensarlo. A riprova sono i suoi detour più significativamente marcati sul terreno più insidiosamente drammatico, arrivando perfino a entrare nella cattiveria e crudeltà umana più bieca, come gli è riuscito brillantemente soprattutto con “Match point”, dove non solo il Caso si aggiudicava un ruolo importante nello svelamento della verità, ma beffardamente nel senso opposto alla giustizia, segnalando uno sguardo del tutto pessimista sulla società odierna, comprensibile non solo per l’età ormai avanzata dell’artista. Insomma la complessità di un autore come Woody Allen, solo contraddetta da una superficialità di pensiero, è fuori discussione. Certo non va nemmeno nascosto come negli ultimi tempi non sempre tutti i colpi siano andati a segno, alternando prove ancora di palese efficacia (da “Blue Jasmine” a “La ruota delle meraviglie”), ad altre chiaramente più opache (da “To Rome with love” al penultimo “Rifkin’s festival”). Passato Fuori Concorso all’ultima Mostra di Venezia, “Un colpo di fortuna – Coup de chance” è un’ulteriore incursione nel mondo del caso e del destino da parte del regista newyorkese. Qui non solo ritorna a muoversi nella capitale francese, dopo il precedente “Midnight in Paris”, ma per la prima volta gira il film in lingua francese, che è sicuramente la curiosità più indiscutibile. Racconta la storia di Fanny, sposata apparentemente in modo felice a Jean, sul cui passato grava qualche ombra inquietante. Incontrato per caso Alain, un suo ex compagno di liceo al tempo innamorato di lei, Fanny inizia a frequentarlo. Jean, secondo il quale la fortuna non esiste, ma la si crea, geloso e insospettito, lo fa pedinare, finché Alain scompare. Per una buona metà è una commedia leggera, vagamente “gialla”, a tratti anche romantica, sulle occasioni perse nella vita, specie nella sua fase più giovane. Ma quando i sospetti iniziano a farsi insistenti, si entra nelle dinamiche più oscure: stavolta Allen entra nel racconto con più ironia e sarcasmo, portando il tutto a una versione “light” di “Match point”. Resta il fatto comunque che Allen non sbaglia la mira. Voto: 7.

In un villaggio tra i boschi, con la vita che scorre placidamente e con i ritmi della natura, arriva la notizia che è stata stanziata la costruzione di un glamping (un campeggio per ricchi). Nel villaggio c’è fermento, a cominciare da Takumi e la piccola figlia Hana: l’assemblea respinge l’offerta, ma i funzionari ritornano cercando di convincere gli abitanti, che temono inquinamento e turismo disturbante. Intanto si ode uno sparo nella vallata, un cervo viene ferito e Hana sparisce. Se con “Drive my car”, il suo straordinario film che si è aggiudicato l’Oscar, il giapponese Hamaguchi aveva espanso la storia di personaggi, situazioni, problematiche, con "Il male non esiste" (titolo purtroppo uguale a quello di un recente, importante film iraniano) compie l’operazione opposta, sottraendo ogni ingombro narrativo. Diviso in tre parti (la prima da poema bucolico per musica e alberi; la seconda con la lunga assemblea del villaggio; la terza con il cervo ferito e la scomparsa di Hana), il film ha il respiro morbido di un’operazione che incanta e indigna, attraversata da uno spirito ecologico importante e segnata dal contradditorio tra politica arrembante e rispetto della natura. Un film semplice, se vogliamo anche piccolo, ma che riscalda il cuore e la mente, con un finale enigmatico del tutto a sorpresa, che si presta a diverse interpretazioni, anche se la più probabile è quella della rottura del rapporto uomo-natura causata da forze esterne. Premiato a Venezia. Voto: 7,5.

 

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