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Razzismo, troppi giudizi affrettati

Mercoledì 25 Dicembre 2013
Ora il mondo pallonaro si interroga sul razzismo e sulle stangate alle curve. Sull'efficacia e sull'opportunità delle sanzioni emergono i dubbi da parte del presidente federale Abete, di quello della Lega A Beretta e della B Abodi, di molti dirigenti.  Il razzismo nel calcio c'è, si annida non solo tra le tifoserie ma anche tra i giocatori. Si arriva al punto che gruppi organizzati contestano la società se arruola giocatori di colore. Ma non tutto è razzismo, il calcio vive anche di forti rivalità, più o meno sane. Per non parlare di quando prevale l'odio tra tifoserie, o più semplicemente una maleducazione spinta. Ma che c'entra in questi casi il razzismo? I tifosi della Juventus, rei di aver "offeso" i napoletani, a distanza di pochi giorni si sono gemellati con quelli dell'Avellino. Sempre di Campania si parla, 37 chilometri tra le due città. E allora? Come si può parlare di "discriminazione territoriale"? Cori offensivi, certo.  Ma invettive e insulti contro i giocatori e i loro parenti più prossimi, a partire da madri e sorelle, sono all'ordine del giorno e passano inosservati. Non catalogabili nel fenomeno razzismo. Ma non sono certo migliori. La stessa tifoseria "razzista" offende Balotelli e plaude a Pogba. Qualcosa non torna. Parliamoci chiaro: da sempre il campione avversario più temuto è preso di mira. Per innervosirlo, per disorientarlo. Nei confronti di Balotelli è razzismo, con Totti o Tevez lo stadio può invece inveire all'unisono.   Balotelli poi ha il pregio di farsi amare o odiare. Tre anni fa Totti gli rifilò un vergognoso calcione da dietro. Rosso diretto, giustamente. "È un provocatore sistematico" disse tentando di giustificarsi. Se poi la curva giallorossa bersaglia SuperMario ecco il razzismo. Quella stessa curva esalta però il nerissimo Gervinho, idolo della città, anzi lo prende bonariamente in giro salutandolo con degli "uh uh, uh" senza che nessuno si indigni, lui per primo, che risponde con affetto ai tifosi.  Per sconfiggere il razzismo nel calcio c'è un'unica strada: distinguere tra le situazioni e limitarsi a intervenire solo nei casi conclamati. Pretendendo però che gli "attori" dello spettacolo siano un modello per tutti. Un "negro di m..." in campo va stroncato senza pietà. Perché per molti può diventare un esempio da seguire.  Ma se non si comprende il problema, la soluzione poi è sbagliata. E lo stadio è passione, non sarà mai un salotto buono, nè una prima alla Scala.
Ultimo aggiornamento: 17:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA