Il caso Guarin-Vucinic ha riproposto il tema della lontananza del presidente Thohir. Anche Moratti lo ha invitato ad essere vicino alla squadra. Telecomandare l'Inter dall'Indonesia può avere delle controindicazioni. Non sembra però sortire effetti nefasti per la Roma la latitanza del presidente Pallotta, che si limita ad allungare il suo sguardo sul club da oltreoceano. Anzi, mai andati così bene i giallorossi. Sull'altra sponda del Tevere c'è invece un presidente ultrà-presenzialista, quel Lotito che incombe sulla Lazio ora per ora.
Insomma, presidenti vicini o lontani non determinano certezza di risultati. Il problema è un altro: ad esempio, sempre con Pallotta presidente l'accoppiata Baldini-Sabatini non funzionava. Via Baldini, Sabatini ha dato il meglio di sè, dopo aver indovinato l'allenatore, quel Garcia del miracolo. Acquisti azzeccati, veri e propri colpi di mercato, cessioni vantaggiosissime, squadra compatta, entusiasmo. L'Inter ha cambiato presidente e basta, anzi Moratti è ancora lì, interviene, parla, giudica. E passi. Ma anche Branca e l'intero staff sono sempre al timone. Mazzarri e la squadra sono disorientati, i tifosi insorgono.
Insomma, cambiare il presidente perchè nulla cambi non sembra una ricetta che funziona. In certi casi serve la rivoluzione, in altri qualche aggiustamento, ma dal vertice devono arrivare segnali chiari. E che dire del Milan? Il compromesso Galliani-BB è un'altra nota stonata del calcio milanese. Disorienta. Infastidisce. La messa a regime degli assetti di una squadra di calcio, ma forse di ogni azienda, deve partire dall'alto, non dalla base. Così Seedorf si ritrova nella stessa condizione di Allegri, con punti di riferimento aleatori, costretto a districarsi nel labirinto rossonero senza urtare suscettibilità. Deve tutto a Berlusconi (Silvio), deve confrontarsi con Galliani, deve fare i conti con Berlusconi (l'altro, Barbara). Che Dio lo assista.
Ultimo aggiornamento: 13:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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