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Il calcio festoso degli "italo-albanesi" a Genova

Giovedì 20 Novembre 2014
Lo stadio di Marassi profanato da "Ivan il Terribile" e dagli ultrà serbi è stato riconsacrato al Calcio da una festosa moltitudine di tifosi albanesi, confluiti a Genova certo per sostenere la propria nazionale, ma sentendosi anche "italiani". Hanno applaudito l’inno di Mameli, qualcuno di loro l’ha anche cantato, hanno tifato "per" e non "contro". «L’Italia ci ha dato molto, e noi siamo riconoscenti, siamo qui anche per dare un aiuto a Genova, è la partita della solidarietà. E l’Italia è ormai la nostra seconda patria», ha spiegato un giovane imbandierato. Le "invasioni" di campo per un autografo sono rientrate nel clima generale dell’evento. Certo, meglio evitarle, ma l’amichevole era davvero tale. Lo stadio sorridente e festoso ha colpito un po’ tutti, quando negli occhi c’erano ancora i fumogeni ed i petardi croati di due giorni prima a San Siro. La realtà è che non siamo più abituati a vivere la partita in allegria, con le famiglie sugli spalti, senza quel clima di guerra e di paura che è diventato la regola e non l’eccezione. Persino Totti ha rivelato che i suoi figli hanno paura ad andare allo stadio. E se per i bambini il calcio non è più gioia siamo freschi. Putroppo si è lasciato che gli stadi diventassero il luogo in cui la rabbia sociale si scaricasse, ritenendolo il male minore. E così il sorriso del popolo italo-albanese in tribuna ha colpito tutti, ci ha fatto vedere che il calcio può essere festa, aggregazione, incontro e solidarietà. Uno spot anche per gli stessi albanesi, che per colpa di alcuni di loro sono stati spesso avvertiti come una minaccia. Ma non illudiamoci, da domenica il calcio tornerà ad essere quello che conosciamo. Almeno fin quando il dio denaro resterà la priorità del sistema. Ma ce li vedete i club, la Lega, la Figc che cambiano registro e restituiscono una dimensione umana al mondo pallonaro? Solo parole, tante parole vuote. Ultimo aggiornamento: 12:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA