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Conte, Garcia e la memoria d'elefante

Lunedì 30 Marzo 2015
«Ho una memoria d’elefante», ha detto Antonio Conte, stizzito, rispondendo all’ennesima domanda sul caso Marchisio e sugli allenamenti "troppo duri" della Nazionale, almeno secondo John Elkann. La memoria d’elefante, però non sembrano averla i tifosi e tanto meno i dirigenti.   Conte non è il primo, nè l’unico caso di allenatore passato repentinamente dagli altari alla polvere. Ancora l’estate scorsa a Torino, sponda juventina, ci fu una mezza sommossa per l’arrivo di Allegri, chiamato a sostituire l’allenatore dei 3 scudetti consecutivi. Oggi la situazione si è completamente ribaltata, viva Allegri, abbasso Conte. Un minimo di pudore non guasterebbe, ma così non è. L’altra dimostrazione di come la riconoscenza non appartenga al mondo pallonaro viene da Roma, dove Rudi Garcia è sotto processo. Da Garcia a vita a "dagli al francese". Gli 85 punti della stagione 2013-2014 sono già dimenticati. La cosa peggiore è che si è cominciato a scavare nella vita privata del tecnico. Sull’etere romano viaggiano le interpretazioni più fantasiose. I bene informati ne raccontano di tutti i colori. Passi l’accusa di essersi "romanizzato", ma addirittura che la crisi della Roma vada addebitata, almeno in parte, alla compagna di Garcia, è davvero troppo. Lo avrebbe "distratto", "cambiato", "introdotto" in quel mondo romano che ti assorbe e ti toglie lucidità. E così si parla di resa dei conti a fine stagione, di un Garcia da cacciare al più presto. Conte e Garcia, eroi di ieri, nemici di oggi. Se vinci sei da adorare, se perdi vieni relegato all’inferno. Con Conte si è andati addirittura oltre: in casa Juve ha solo vinto, poi si è rotto il feeling e da allora sono mazzate, dimenticando i giorni felici. Un calcio schizofrenico, con l’aggravante che a dare i numeri sono anche i dirigenti. Ultimo aggiornamento: 14:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA