"Ogni salvataggio è difficile ma quello avvenuto in questo caso, è stato diverso da qualsiasi altro ci fosse capitato".
Fortunatamente il piccolo orfano che piange terrorizzato, sembra reagire bene. "Il cucciolo, di circa un mese d'età, nonostante fosse spaventato e continuasse a chiamare la madre, aveva iniziato a lottare per la vita ben prima che arrivasse qui da noi". A quel punto, con i medici che decidono di dargli un'altra possibilità, all'elefantino viene dato un nome. Long'uro, questo il nome scelto che nel dialetto locale suona più o meno così: "qualcosa che è stato tagliato a Samburu". Le cure, incessanti, sembrano funzionare ma, ora, l'orfanello, ha bisogno di qualcosa in più. "Il piccolo, ricordano al Santuario, sembrava avere disperato bisogno d'amore e tenerezza".
La grave mutilazione subita, infatti, non era ancora stata recepita dal cervello dell'elefantino che continuava a comportarsi come avesse ancora la proboscide. Tanto che i dolorosi urti, non si contavano più. E allora ecco arrivare Mary. Mary Lengees, una veterana del santuario, si sarebbe presa cura di lui. E così è stato. "Mary, ha dovuto affrontare una sfida tremenda. Il piccolo aveva bisogno del suo amore ma aveva paura del contatto perché gli procurava dolore". Dolore e paure che, anche grazie alle operazioni chirurgiche, sarebbero perso stati dimenticati. "Mary è riuscita ad instaurare un legame speciale con l'elefantino". Un legame che, come documentato dalle immagini diffuse dal Reteti, condividono ancora oggi. Ha dedicato la sua vita a Long'uro prendendosene cura come fosse suo figlio. "È divenuta sua madre e parte integrante del suo viaggio che proseguirà, fortunatamente, ancora a lungo".