L’AQUILA Caro dottor Vito Albano, la sua lettera da L’Aquila mi ricorda un grande medico di famiglia della mia giovinezza. Si chiamava Felice Natellis e per noi era un punto di riferimento straordinario.
Forse eravamo viziati. Il mondo certamente è cambiato. Ho conosciuto soltanto la settimana scorsa il mio medico romano di base. Sono andato da lui per il vaccino antinfluenzale. Nessuno dei suoi pazienti con il sospetto/timore di avere il Covid è dovuto andare in ospedale. Li ha curati al telefono ed è andato a trovarli quando era necessario.
Lei non è tenuto a conoscere la mia attività professionale. Ma nessuno- dico nessuno- della enorme quantità di medici che ho incrociato in cinquant’anni si è mai permesso di accusarmi di “campagne denigratorie e infamanti”. Mai. Io registro i fatti. Nel mio ultimo libro ho ripercorso di persona la via crucis della Bergamasca, sono entrato negli ospedali, nelle terapie intensive, nelle case di riposo. E so quanto straordinario sia stato il lavoro dei suoi colleghi nella prima ondata del virus e quanto lo sia nella seconda. Ma accade una cosa gravissima. Tanta, troppa gente si presenta al pronto soccorso perché il medico di base è latitante. Un suo generoso collega- medico di base nella Bergamasca- che va a fare visite domiciliari perfino in Piemonte e che abbiamo ospitato la settimana scorsa, ci ha detto che nessuno dei suoi pazienti è morto e tutti sono stati curati per evitare quasi sempre il ricovero. Ha aggiunto che tanti suoi colleghi non sono più giovani e non se la sentono di affrontare questa emergenza oltre un certo limite.
In ogni caso, martedì prossimo tornerà da noi Silvestro Scotti, segretario nazionale dei medici di base e avrà come sempre occasione di spiegare quel che accade.
Con molta cordialità.
Bruno Vespa *
* Giornalista, conduttore del programma “Porta a Porta” su RaiUno