Gervasutti: «Avvertimento mafioso? Non mi sposto di un millimetro»

Ario Gervasutti
Ario Gervasutti, cos'è successo? «Ieri notte, tra domenica e lunedì, stavo dormendo con tutta la mia...

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Ario Gervasutti, cos'è successo?

«Ieri notte, tra domenica e lunedì, stavo dormendo con tutta la mia famiglia a casa quando, all'1.45, si era appena spenta l'eco di una grandinata, siamo stati svegliati da un'altra grandinata di colpi esplosi da una pistola. Cinque colpi in rapida sequenza, sentiti molto vicini perché avevamo le tapparelle semi abbassate ma le finestre aperte per il caldo».
Hai capito subito che erano colpi di pistola?
«Sì, tanto che al primo colpo mi sono alzato e a mia moglie ho detto: stai ferma, è una sparatoria. Il tempo di alzarmi e ho sentito mio figlio che, sul pianerottolo, uscito dalla sua camera, diceva: Ma ci hanno sparato in casa!. Ho acceso la luce e ho visto che si scuoteva dai calcinacci. Nella sua camera c'erano i segni di due colpi sul soffitto, uno sull'armadio e uno un metro sopra la testata del letto. Ho spento le luci e ho chiamato le forze dell'ordine».
 

Hai sentito rumori esterni?
«No. C'era un silenzio irreale, fuori non pioveva più. Nonostante la finestra aperta non ho sentito né auto allontanarsi né scalpiccìo sul terreno. Chi ha sparato o era in bicicletta o si è allontanato con molta flemma a piedi».
Chi ha sparato era davanti alla casa?
«Si presume a 15/20 metri di distanza dalla facciata. Tre dei 5 colpi hanno centrato la tapparella, uno è finito sopra la finestra, un altro ha colpito il bordo in marmo della balaustra scheggiandolo. C'è un'unica camera che dà sulla strada, è quella di mio figlio di 20 anni. Sono stati trovati bossoli e proiettili. Uno è entrato nell'armadio e ha bucato un cappotto».
I tuoi familiari cosa fanno?
«Mia moglie insegna francese alle medie alle porte di Padova, i figli sono studenti universitari, il più grande domani (oggi, ndr) avrà l'ultimo esame prima della tesi, il più piccolo è al primo anno».
Come te la spieghi?
«Non me la spiego».
Hai pestato i piedi a qualcuno?
«Che un giornalista pesti i piedi a qualcuno è inevitabile, ma non comporta una intimidazione di chiaro stampo mafioso e malavitoso svolta da esperti del ramo. Questo è un avvertimento pesante. In una sorta di scala gerarchica delle intimidazioni, prima di sparare ci sono lettere intimidatorie, benzina sul portone... È andata bene che mio figlio non si fosse alzato per andare in bagno».
Hai ricevuto minacce?
«No, mai. Lettere di gente scontenta sì, ma assolutamente banali».
Tua moglie ha bocciato il figlio di un genitore focoso?
«No, mia moglie insegna in un contesto scolastico assolutamente tranquillo».
Può riguardare i tuoi due figli?
«È escluso ed è già stato verificato, sono ragazzi irreprensibili che frequentano compagnie tranquille».
Quindi ha a che fare con la professione?
«Ho fatto l'inviato fino a 9 anni fa, poi per 7 anni sono stato direttore del Giornale di Vicenza. Quali sono i fatti di cui mi sono occupato che possono avere una valenza tale da poter dettare queste conseguenze? Mi viene in mente la rapina di Nanto con Stacchio su cui ho scritto qualche corsivo. La Popolare di Vicenza, di cui sono a conoscenza in virtù del mio ruolo di fatti non ancora sviscerati e che possono dar fastidio a qualcuno, cose che comunque sono note ai protagonisti e agli inquirenti. Al Gazzettino mi occupo della macchina, ho scritto qualche editoriale e interviste, ma né nera né giudiziaria. E un corsivo sui kosovari di Rialto in cui dicevo: occhio che sono tra noi».
Quindi cosa rimane per spiegare l'attentato?
«L'errore. Di persona. O di casa. Se era diretto a me e voleva essere un avvertimento, non ne ho capito il motivo. E comunque hanno sbagliato indirizzo perché il mio modo di concepire la professione non si sposta di una virgola. Ringrazio i colleghi, il sindacato e l'ordine dei giornalisti, tutte le forze politiche da destra a sinistra e le parti sociali per la solidarietà».


SOLIDARIETA'Domani, mercoledì 18 luglio, il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Giuseppe Giulietti, anche a nome del segretario generale Raffaele Lorusso, sarà nella sede centrale del Gazzettino a Mestre per portare concreta vicinanza e solidarietà al collega Gervasutti - da due anni rientrato nel quotidiano del Nordest - e al direttore Roberto Papetti. Ci saranno anche i vertici regionali di Sindacato e Ordine dei giornalisti.
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Il Gazzettino