Metaverso di Facebook, ecco cos'è: realtà virtuale per tutti (o quasi) con visori di nuova generazione

Cosa sarà esattamente il “metaverso” che Mark Zuckerberg prepara per tutti noi? Una specie di Second Life 2.0? Oppure qualcosa di più, qualcosa che...

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Cosa sarà esattamente il “metaverso” che Mark Zuckerberg prepara per tutti noi? Una specie di Second Life 2.0? Oppure qualcosa di più, qualcosa che potrebbe tendere a sostituire il mondo reale? Potremo viaggiare in ambienti virtuali come in “Avatar” di James Cameron e vivere le medesime avventure? E sarà veramente come vivere un’esperienza reale?

 

 

«Nel metaverso - ha detto il fondatore di Facebook - sarete in grado di fare quasi tutto ciò che potete immaginare: stare insieme ad amici e familiari, lavorare, imparare, giocare, fare acquisti, produrre» oppure compiere «esperienze completamente nuove che non si rientrano nel modo in cui concepiamo computer o telefoni oggi». Abbastanza vago per voler dire tutto e niente, che le parole successive di Zuckerberg hanno chiarito solo in parte.

 

Le potenzialità del metaverso

«Sarete in grado - ha spiegato - di teletrasportarvi istantaneamente come un ologramma per essere in ufficio senza viaggiare, a un concerto con gli amici o nel soggiorno dei vostri genitori per stare insieme. Questo aprirà più opportunità, non importa dove vivete. Sarete in grado di dedicare più tempo a ciò che conta per voi, ridurre il tempo nel traffico» e ridurre, come conseguenza, le emissioni e l'impatto sull'ambiente.

 

 

Difficile dire se il metaverso di Facebook (o meglio di “Meta”, la nuova società che prende il posto della denominazione precedente) si rivelerà veramente rivoluzionaria come vorrebbe Zuckerberg, e possa creare effettivamente “milioni di posti di lavoro”, e non si riveli invece (come ha malignato qualcuno) soltanto un modo per distogliere l’attenzione dai veri problemi del social network (l’odio esacerbato dall’algoritmo della piattaforma, ad esempio).

 

Cosa ci riserva il metaverso?

Il termine “metaverso” risale al 1992, ed è stato coniato da Neal Stephenson in “Snow Crash”, libro di fantascienza cyberpunk. Si tratta di una realtà virtuale condivisa tramite Internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar. Esattamente come Second Life. L’upgrade, se ci sarà, avrà bisogno di nuovi hardware e software, capaci di cambiare le regole del gioco. Vediamo quali.

 

 

Non è un caso che Facebook abbia da tempo acquisito la società Oculus, che produce esperienze (e visori) per la realtà virtuale, con alcuni giochi appositi. Di recente, Facebook aveva proposto degli occhiali “smart” che, per ora, permettono soltanto di girare le proprie storie. Ray-Ban ci ha messo il design: montano un microprocessore, degli auricolari e una camera capace di catturare qualsiasi esperienza ci passi davanti agli occhi.

 

 

L’idea di indire una riunione in ambiente virtuale nel “metaverso” tra qualche anno (alcuni ipotizzano almeno dieci) invece che su Zoom potrebbe essere appetibile per alcuni, e per altri no. E c’è chi ironizza sulla possibilità che qualcosa vada storto, e che improvvisamente, invece che in uno sfondo creato al computer, un ambiente professionale o paradisiaco, compaiano improvvisamente i nostri studi disordinati o, peggio, che usiamo per i nostri collegamenti in streaming. Ma chi ha fatto notare l’errore di marketing più marchiano è stato qualcuno su Twitter, che ha fatto notare che “meta” in ebraico, vuol dire “morte”. Sarebbe bastato chiedere consiglio a un amico israeliano.

 

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Il Gazzettino