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In un periodo storico in cui siamo costretti in casa e non è certo la fatica fisica a mancarci, cerchiamo sollievo nella fatica digitale. Che si tratti di curare i campi in Farming Simulator 19 o guidare imponenti autoarticolati su terreni infernali in Snowrunner, il genere di videogiochi job simulator (letteralmente simulatore di mestiere) sta dilagando inarrestabile. Farming Simulator (25 milioni di copie vendute in 13 anni di vita) e Snowrunner (un milione nei primi tre mesi e 3 pacchetti di contenuti aggiuntivi all'attivo) sono solo alcuni esponenti di un filone che ha come scopo ultimo la riproduzione fedele dei lavori umani. Il cuore dell'esperienza è sempre identico: ti immergi nella ricostruzione maniacale di un lavoro, compi le azioni necessarie a ricevere la ricompensa, migliori il tuo arsenale e ripeti. Ancora. E poi ancora.
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I fallimenti
L'attenzione al dettaglio è ossessiva. Difficile restituire la felicità che si prova nel conquistare una montagna dopo innumerevoli fallimenti in Snowrunner, dove la natura ci disprezza e il concetto di sfida cavalca la linea sottile che separa la catarsi dalla noia. Una domanda però è inevitabile: perché pagare per vivere esperienze del mondo lavorativo il cui fine ultimo è invece quello di generare reddito? «Guido camion per vivere e Dio solo sa perché sono ancora sveglio a guardare questa roba», commenta goliardicamente un utente in un video di Euro Truck Simulator, tappa obbligata per chiunque voglia cimentarsi nella guida di camion in giro per l'Europa.
Il divertimento
Se non è più una questione generazionale, rimane il preconcetto che si tratti di situazioni troppo ordinarie per essere divertenti. Ma quanti di noi in realtà hanno mai guidato un trattore o pilotato la locomotiva di un treno, come ci permette di fare Train Simulator? «Puoi incarnare un'altra identità - e sperimentarne le attività associate - quando farlo in realtà sarebbe pericoloso e forse impossibile», commenta un sostenitore in un forum dedicato a Farming Simulator. E forse è proprio questa la chiave di volta: la deresponsabilizzazione. Questi videogame radono al suolo i costrutti tipici del lavoro tradizionale - paura delle conseguenze, arrabbiature, precarietà - e lasciano sul tavolo solo la spensieratezza. Togliendo dall'equazione le responsabilità, i simulatori di mestiere ci regalano il sogno di un'utopia che non vivremmo mai altrimenti. Possiamo coltivare, scavare e costruire per un po', senza impegno né capi o clienti a cui dar conto, e mettere in pausa quando la vita chiama.
L'ambiente
Oltretutto, vantaggio non trascurabile in un periodo in cui gli spazi aperti ci vengono regalati col contagocce, la cornice paesaggistica è sempre imponente. Basti pensare a Snowrunner, con i suoi picchi innevati e le sue vallate mozzafiato, che incastonano la monotonia di una sfida sempre uguale in un'aura mistica di serena placidità. Persino Farming Simulator, che ormai sente il peso dei suoi dodici anni di vita, riesce a compensare i limiti tecnici con un'attenzione al dettaglio maniacale, restituendo scorci rurali assolutamente degni di nota, che ipnotizzano senza dare scampo. Sono mondi che catturano e che promettono armonia laddove, fuori dallo schermo, l'esperienza lavorativa non sempre è delle più felici, né priva di conseguenze.
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