F1, Grosjean: «Fisicamente sto bene ma non sono più lo stesso pilota, ho visto la morte troppo da vicino»

Romain Grosjean in ospedale
«Fisicamente, va bene ma ho visto la morte troppo da vicino. Non si può viverla ed essere la stessa persona. Lo dice Romain Grosjean all’Afp poche ore dopo aver...

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«Fisicamente, va bene ma ho visto la morte troppo da vicino. Non si può viverla ed essere la stessa persona. Lo dice Romain Grosjean all’Afp poche ore dopo aver lasciato l’ospedale militare del Bahrain dove è stato ricoverato domenica a causa dello spaventoso incidente durante il Gran Premio di Formula 1. «La mano sinistra è abbastanza danneggiata mentre la destra va meglio. Poi c’è una distorsione alla caviglia sinistra e il ginocchio sinistro è gonfio, ma non è una grande preoccupazione. Il dolore è molto sopportabile, sono sotto antidolorifici - ha aggiunto il francese -. Ora la priorità è prendermi cura delle mani per cercare di essere al via del Gp di Abu Dhabi ma anche per i 50 o 55 anni che mi rimangono».

Il pilota della Haas, se dovesse mancare l’appuntamento del 13 dicembre chiuderebbe probabilmente con il rogo di Sakhir la sua esperienza nel circus. «L’impatto non è il più violento che abbia mai conosciuto nella mia carriera, anche se le g lo indicano - racconta Grosjean - perchè la decelerazione è stata di 53 volte il peso del mio corpo. Mi slaccio subito la cintura di sicurezza, provo a uscire dall’ auto ma mi sento bloccato e decido di aspettare. vedi però subito il fuoco e penso a Niki Lauda. “Non posso finire così, non ora”, mi dico. Provo ad uscire di nuovo, non funziona, mi siedo e vedo la morte, non da vicino, ma da troppo vicino. È una sensazione che non auguro a nessuno». «Mi chiedo dove comincerò a bruciare, se avrebbe fatto male - continua il drammatico racconto, rivelando di aver preso forza dal pensiero dei tre figli -. Mi dico che non posso lasciarli, e lì trovo la risorsa per tirarmi fuori fuori dall’abitacolo. Quando esco sento un gran sollievo, vivrò», ricorda il pilota.

«Ora seguo le indicazioni dei medici per riprendermi il più rapidamente possibile. Non ho incubi, pensieri, lampi o paura, ma questo non significa che non arriverà ed è per questo che continuo a lavorare anche con un psicologo dello sport - spiega il pilota -. Ho detto alla mia famiglia che ho anche bisogno di tornare in macchina per sapere cosa sono capace di fare, se voglio ancora farlo, se la passione c’è ancora e se non ho paura». 

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Il Gazzettino