Una stagione mezza amara per il miele: male in quota

Una stagione mezza amara per il miele: male in quota
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IL BILANCIO
BELLUNO La stagione è finita. Bene, o benissimo, per gli apicoltori di fondovalle, male per gli apiari in quota. In medio stat virtus, si dice. In medio sta anche la produzione di miele bellunese. Se ne stanno accorgendo in questi giorni gli apicoltori bellunesi, alle prese con le ultime mosse prima del ritiro dei melari dalle arnie. Le fioriture ormai volgono al termine: resta ancora ben poco da sfruttare per fare miele. E la smielatura dice che poteva andare decisamente meglio, soprattutto in quota.

I PRODUTTORI
«La produzione di miele è a fasi alterne quest'anno» dice Carlo Mistron, presidente di ApiDolomiti, la cooperativa degli apicoltori bellunesi e una delle cooperative di apicoltori meglio organizzate del Triveneto. «La parte bassa della provincia ha miele in quantità e qualità. Si è potuto fare un po' di tutto: è stata un'annata molto buona per il tarassaco. E anche il miele di acacia, che da quattro anni non si riusciva a produrre, ha avuto un buon riscontro». C'era un po' di preoccupazione per il tiglio, a inizio giugno. Perché le piogge funestavano il Bellunese senza lasciare tregua alle fioriture. E anche perché dal nettare dei fiori di tiglio le api producono un miele intenso e balsamico, profumato e di rapida cristallizzazione grossolana e irregolare. Nel territorio bellunese, per la vasta diffusione del Tilia cordata, il miele di tiglio qui è da considerarsi tra i migliori d'Italia. «Abbiamo rischiato di non produrre neanche un po' di tiglio - dice Mistron -. Poi, per fortuna, il tempo si è messo al meglio e abbiamo avuto una produzione come non si vedeva da due-tre anni». In effetti, è proprio il tempo la croce e delizia degli apicoltori. Lo stesso tempo che ha funestato la produzione in montagna. «Siamo schiavi del meteo - conferma il presidente di ApiDolomiti -. Nelle poche ore tra una pioggia e l'altra, nei fondovalle, le api hanno potuto bottinare e produrre molto miele. In montagna invece è stata una stagione da piangere. Gli ultimi due-tre anni erano stati meravigliosi; quest'anno invece la paghiamo con gli interessi. Nelle aree montane alcuni apicoltori ci segnalano che gli alveari sono alla fame, da nutrire se non hanno scorte; e i melari risultano vuoti. Le prime produzioni di mieli primaverili sono infatti state impiegate dalle api stesse per sopravvivere alle condizioni di maltempo».
NIENTE MELATA

L'altro dato negativo della stagione 2018 è l'assenza di melata. «Non siamo riusciti a produrne neanche un chilo - conclude Mistron -. Abbiamo ancora una piccolissima scorta degli anni scorsi, quando eravamo riusciti a fare un'ottima produzione. Ce la chiedono, ma quest'anno non ce n'è».
Damiano Tormen
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Il Gazzettino