Un secolo fa la tragedia del San Spiridione salpato dalla stessa banchina di San Basilio

Un secolo fa la tragedia del San Spiridione salpato dalla stessa banchina di San Basilio
L'ANNIVERSARIOVENEZIA Il luogo è lo stesso nel quale, un paio di mesi fa, un drappello di persone si era dato appuntamento per rendere omaggio alla più grande tragedia della...

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L'ANNIVERSARIO
VENEZIA Il luogo è lo stesso nel quale, un paio di mesi fa, un drappello di persone si era dato appuntamento per rendere omaggio alla più grande tragedia della Marina in tempo di pace, più dell'Andrea Doria e del rogo della Moby Prince. Accadde giusto un secolo fa, a poche decine di metri dalla banchina di San Basilio dove domenica la Msc Opera è andata a cozzare urtando un battello fluviale. Da lì, il 27 marzo 1919, il piroscafo San Spiridione, requisito dalla Regia Marina a una compagnia triestina, era salpato con un carico di benzina, marsala, oltre a circa duecento militari e alcuni passeggeri diretti a Pola. Pochi minuti dopo la partenza, in mezzo al canale della Giudecca, a bordo del San Spiridione una terribile esplosione e quindi un incendio che in pochi minuti provoco l'affondamento del piroscafo.

In uno scenario apocalittico, con la laguna incendiata dalla benzina fuoriuscita dalla stiva, i primi soccorritori cercarono di trarre in salvo l'equipaggio. Con scarsi risultati. Le cronache dell'epoca riferirono di decine di vittime, 160 o forse di più. La verità su quella tragedia non emerse mai a causa del segreto militare imposto dalle autorità dell'epoca sulla vicenda. In quel 1919 in cui l'Italia recriminava per la vittoria mutilata nella Grande Guerra, si sognava il riscatto delle terre irredente: pochi mesi dopo proprio da Venezia sarebbe partito Gabriele D'Annunzio per l'impresa di Fiume. Qualcuno all'epoca ipotizzò che nella tragedia fossero implicate potenze straniere nemiche dell'Italia e il segreto militare - che persiste tuttora - non contribuì a far luce sull'accaduto. Tanto che per decenni l'esplosione del San Spiridione rimase una tragedia dimenticata.
Giusto due mesi si tornò a parlarne per iniziativa di uno studioso, Roberto De Censi, discendente di una delle vittime e autore di un libro che ricostruisce la vicenda. Quasi contemporaneamente uno storico del Lido, Pietro Lando, si è dedicato allo stesso argomento ipotizzando che la tragedia sia stata causata dall'imprudenza di far salire su una nave adibita al trasporto di benzina centinaia di passeggeri senza le necessarie precauzioni. Ma la verità sul sacrificio dei passeggeri del piroscafo militare rimane ancora sommersa sul fondo del canale della Giudecca. Lo stesso sul quale domenica si è rischiato di vivere un'altra tragedia del mare.

Alberto Francesconi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino