Sor tentenna verrebbe da chiamarlo. Maurizio Martina, segretario uscente ma se gli va bene anche rientrante, è il terzo incomodo ma sta ancora dicendo a se stesso: decidi di...
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Perciò pezzi di renzismo lo spingono, mentre gli zingarelliani pregano che lui non partecipi alla corsa e alla conta. Intanto Martina, a cui neppure la barba nera un po' combat riesce a dare il fascino del guerrigliero e il carisma del leader, si è dimesso da segretario (la segreteria più breve in dieci anni di vita del Pd) e vuole un congresso in tempi rapidi.
La sua candidatura, da sicuro perdente, però nel gran gioco delle primarie toglie qualcosa sul lato destro in Lombardia a Minniti (quindi a Renzi) e qualcosa sul lato sinistro a Zingaretti. Non ha che invitare all'unità Martina, quando invece il Pd è, come sempre, in fase di cannibalismo acuto. «Ricordiamoci che il nemico è la destra», dice e ripete in ogni occasione, anche l'altro ieri all'assemblea romana. Quella in cui Renzi non c'era e Martina ha fatto il Martina unificando tutti nello sbadiglio.
M.A.
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Il Gazzettino