Sor tentenna verrebbe da chiamarlo. Maurizio Martina, segretario uscente ma se gli

Lunedì 19 Novembre 2018
Sor tentenna verrebbe da chiamarlo. Maurizio Martina, segretario uscente ma se gli va bene anche rientrante, è il terzo incomodo ma sta ancora dicendo a se stesso: decidi di decidere se accetti di accettare (di fare il candidato). Da Delrio a Orfini fino a Cuperlo, lo spingono all'impresa, lui è già in campo ma il suo gioco è quello della melina. Con frasi folgoranti del tipo: «Se può essere utile al partito, mi candido». Oppure: «Per me candidarmi non è una scelta personale ma politica». Ovvero non far vincere Zingaretti e poi trattare con Minniti.
Perciò pezzi di renzismo lo spingono, mentre gli zingarelliani pregano che lui non partecipi alla corsa e alla conta. Intanto Martina, a cui neppure la barba nera un po' combat riesce a dare il fascino del guerrigliero e il carisma del leader, si è dimesso da segretario (la segreteria più breve in dieci anni di vita del Pd) e vuole un congresso in tempi rapidi.
La sua candidatura, da sicuro perdente, però nel gran gioco delle primarie toglie qualcosa sul lato destro in Lombardia a Minniti (quindi a Renzi) e qualcosa sul lato sinistro a Zingaretti. Non ha che invitare all'unità Martina, quando invece il Pd è, come sempre, in fase di cannibalismo acuto. «Ricordiamoci che il nemico è la destra», dice e ripete in ogni occasione, anche l'altro ieri all'assemblea romana. Quella in cui Renzi non c'era e Martina ha fatto il Martina unificando tutti nello sbadiglio.
M.A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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