Sei mesi di minacce dopo l'incontro con l'escort

Sei mesi di minacce dopo l'incontro con l'escort
IL CASOPORDENONE Dopo gli incontri con una escort, sono cominciate le minacce. Sei mesi di minacce, con l'incubo di ritrovarsi con la casa bruciata, finchè non gli è arrivato un...

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IL CASO
PORDENONE Dopo gli incontri con una escort, sono cominciate le minacce. Sei mesi di minacce, con l'incubo di ritrovarsi con la casa bruciata, finchè non gli è arrivato un messaggio sul telefono: «Il tempo sta per scadere, cosa vuoi fare?». L'uomo, un azzanese di 49 anni, ha deciso che era il caso di andare dai carabinieri della stazione di Azzano Decimo, a cui ha spiegato che cosa gli stava succedendo dopo alcuni appuntamenti con una escort che esercita in provincia di Pordenone. È così che Roberto Piccione, classe 1949, residente a Fiume Veneto, si è ritrovato a difendersi dall'accusa di tentata estorsione. Ieri - ascoltati l'imputato e la testimonianza della stessa escort - il processo è stato discusso. Il giudice monocratico Giorgio Cozzarini (vpo Marco Tinazzi) ha ritenuto che il tentativo di estorsione sia stato provato e ha condannato Piccione alla pena di 1 anno 8 mesi e 350 euro di multa riconoscendogli le attenuanti generiche.

IL PRESTITO
Piccione, difeso dall'avvocato Paola Tanzi e presente a ogni udienza, nega di aver mai tentato di estorcere denaro al 49enne. In quel periodo - tra maggio e novembre 2017 - l'uomo viveva a Fiume Veneto. Condivideva l'abitazione con una escort, cosa che gli consentiva di dividere le spese dell'affitto. Secondo l'accusa, dopo cinque aappuntamenti tra la donna e il 49enne di Azzano, Piccione avrebbe preteso mille euro. E lo avrebbe fatto a suon di minacce. Per la vittima sono stati sei mesi di tensione e paura. Ma l'imputato respinge l'accusa. Non nega di aver chiesto denaro, ma la somma era limitata a 200 euro, soldi che l'escort avrebbe dato in prestito al cliente. Piccione sarebbe intervenuto per fare in modo che la donna potesse recuperare il credito. Ma la vittima sostiene che Piccione avrebbe chiesto mille euro. E che la maggiorazione sarebbe dovuta proprio ai cinque incontri con la donna.
LA DIFESA

La difesa ha insistito sull'inattendibilità della ricostruzione fornita dalla vittima e dalla stessa escort chiedendo che Piccione fosse assolto per non aver commesso il fatto. «La circostanza non è affatto vera - afferma l'avvocato Tanzi - Piccione è intervenuto soltanto per consentire alla donna di recuperare i suoi 200 euro». Il legale si riserva di leggere le motivazioni della sentenza, dopodiché valutare il ricorso in Corte d'appello.
C.A.
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Il Gazzettino