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(...) Non è la piattaforma ideologica delle sardine la loro forza: il manifesto divulgato nelle scorse settimane manca di originalità e visione, e in molti sui social media l'hanno bocciato definendolo vuoto. Ma forse è questa scarsa carica ideologica a permettere alle sardine di unire e aggregare mondi diversi e lontani. Non è l'antisalvinismo l'unico collante. Come spesso accade, le cose sono più complesse. Serviva un movimento leggero e spontaneo per riunire attorno a sé un popolo ampio ed eterogeneo: nelle piazze delle sardine si ritrovano vecchi esponenti di partito e giovani cani sciolti, ambientalisti e progressisti, socialisti e moderati. Un popolo variegato, diviso nelle intenzioni di voto, ma che dopo anni sentiva forte il bisogno di mobilitarsi è riunirsi in un'unica piazza. L'antisalvinismo può essere un cappello che aiuta a dare un cifra e una definizione a questo movimento. La mobilitazione negativa ha una carica forte ed ha più volte lasciato il segno. Ma se da un lato questo movimento può dare una spinta inattesa a un centrosinistra stanco e affaticato, dall'altro sono proprio le sardine a mettere a nudo una grande debolezza del Partito Democratico e dei partiti della sinistra tradizionale, compresi i nuovi soggetti nati da scissioni dallo stesso Pd. Sono queste piazze a evidenziare un vuoto che le forze organizzate non riescono più a colmare. Le piazze non sono più solo di Salvini, ormai è chiaro. Ma la sinistra riesce a riempirle solo con movimenti spontanei, non partitici, non organizzati: oggi le sardine, ieri gli ambientalisti dei Fridays for future. Il popolo della sinistra c'è ancora: è scomparso nelle urne, ma c'è. Solo che i partiti tradizionali non riescono più a mobilitarlo e coinvolgerlo. Queste piazze, per i progressisti, possono essere un momento di svolta oppure possono rappresentare il canto del cigno di una sinistra che ormai intercetta sempre più a fatica gli umori e le aspirazioni del proprio popolo.
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Il Gazzettino