segue dalla prima pagina (...) Il cliché logoro e falso dell'Italia-Mafia

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(...) Il cliché logoro e falso dell'Italia-Mafia ha fatto il suo tempo, ma solo in Germania, quella più andante, quella che non ha letto Goethe e che pensa invano di salvarsi da sola o gemellandosi con l'Olanda (più tulipani, meno Raffaello), non se ne sono accorti. Convinti che l'egemonia non sia vulnerabile e invece lo è eccome. Guai a opporre alla tracotanza tedesca la lagna italiana. Basterebbe ricordare loro che la Germania non ha meno bisogno dell'Europa, cioè anche dell'Italia, di quanto ne abbia l'Europa della Germania. Lapalissiano, no? Eppure i cattivi riflessi condizionati sono più forti della leggendaria lucidità tedesca. Quella che si sta prendendo un po' troppe pause che non fanno bene a nessuno. Se ci si volessimo mettere, ma non lo faremmo mai, sullo stesso livello di queste nuove-vecchissime polemiche, potremmo reagire dicendo che comunque i capitali della mafia e della ndrangheta che arrivano in Germania sono stati spesso accettati di buon grado. Ma, appunto, guai a scendere di livello. Anzi, conviene alzarlo. Come dice Jurgen Habermas, il più grande filosofo tedesco vivente, «se il Nord non aiutasse il Sud, perderebbe non solo sé stesso, ma anche l'Europa». Ed è meglio anche per loro tenersela, alleggerendosi invece di certi atteggiamenti pesanti e non lungimiranti. Che potrebbero far dubitare che la Germania sia la grande nazione che è. Quel che colpisce, in questa bufera, è che rispetto all'Italia la Germania - almeno quella rappresentata dai giornali - risulta divisa in tre partiti. La Welt insulta. Lo Spiegel l'altro giorno ha detto che sarebbe «gretto e vigliacco» non aiutare l'Italia in questa fase di massimo bisogno. La Bild Zeitung solo apparentemente solidarizza con noi, ma non si trattiene dal ricadere nei luoghi comuni tra un tiramisù e il solito mandolino che suona ispirato dal sole (e non dalla tecnica, dallo studio e da una grande cultura colta e popolare): «Abbiamo sempre invidiato la vostra rilassatezza». Salvare l'Italia per salvare la pizza e la pizzica, più o meno. E anche questa è un'impostazione sbagliata. Che somiglia a quella del tempo della grande crisi economica in Grecia. Quando secondo certa stampa, i greci volevano pagarsi i loro piaceri con i risparmi dei pensionati della Germania e invece i soldi di tutta l'Europa servirono soprattutto a rimborsare i crediti spericolati delle banche tedesche. Quanto all'Italia, c'è da notare che mentre impazza lo sturm und drang dell'opposizione contro gli attacchi tedeschi, il Pd ormai vero dominus del governo per lo più tace. Unica spiegazione di questo silenzio, altrimenti catalogabile nel reparto subalternità, che purtroppo ci appartiene, è che la trattativa sui Coronabond e su tutto il resto con la Germania e con la Ue è in corso ed è preferibile non forzare i toni. Sennò, sarebbe insopportabile questo rumoroso silenzio. Sul versante opposto, fa impressione l'incompatibilità tra i sovranismi. Nell'Europa del Nord ci sono quelli che vedono Bruxelles troppo cedevole alle pretese dei sudisti e degli italiani spendaccioni e mafiosi e quaggiù ci sono quelli che accusano la Ue di taccagneria ai nostri danni. Ma al di là delle opposte tifoserie, divise e contrapposte nella medesima curva, ciò che a livello molto più alto e in una prospettiva storica e non di contingenti interessi di bottega partitica o statuale serve all'Europa e alla Germania è di togliersi i paraocchi, anche quelli del razzismo, e di guardare all'Italia per quella che è. Un parte, non piccola, della loro esistenza.

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Il Gazzettino