Scandalo obitorio, 14 dipendenti dell'azienda rischiano il posto

Scandalo obitorio, 14 dipendenti dell'azienda rischiano il posto
L'INCHIESTAPADOVA Il business del caro estinto potrebbe costare il posto di lavoro a quattordici dipendenti dell'Azienda ospedaliera. Intanto ieri pomeriggio, davanti al Gup...

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L'INCHIESTA
PADOVA Il business del caro estinto potrebbe costare il posto di lavoro a quattordici dipendenti dell'Azienda ospedaliera. Intanto ieri pomeriggio, davanti al Gup Domenica Gambardella, il sostituto procuratore Maria D'Arpa, dopo una breve requisitoria sullo scandalo che ha colpito l'obitorio, è tornata a chiedere il rinvio a giudizio per i 42 indagati. Uno solo, Giampaolo Bacchin, verrà giudicato però con il rito abbreviato il prossimo 7 di febbraio. Per tutti gli altri il Gup si esprimerà sempre nella stessa giornata. Mentre due operatori socio sanitari hanno già patteggiato due anni.

L'OSPEDALE
Ieri in aula l'Azienda ospedaliera si è costituita parte civile. E nei giorni scorsi a quattordici dipendenti in forze all'obitorio, è arrivata una lettera a casa da parte del consiglio di disciplina: nei loro confronti è stato aperto un procedimento disciplinare. Secondo il regolamento il lavoratore può essere sospeso dall'impiego già dall'udienza preliminare e può essere licenziato dopo il primo grado di giudizio. Insomma, il rischio di perdere il posto di lavoro è concreto. E il pubblico ministero Maria D'Arpa, davanti al giudice, ha voluto sottolineare come quello delle mazzette fosse un sistema bene oliato, una consuetudine che per l'accusa era già iniziata dall'anno 2000.
LE INDAGINI

Tra il 2014 e il 2015 il sistema corruttivo è stato adoperato in almeno una quarantina di occasioni, tante infatti sarebbero le salme oggetto di false autocertificazioni di conformità. Dipendenti ospedalieri e titolari delle agenzie di pompe funebri sono stati intercettati e filmati, anche nel momento in cui intascavano e pagavano le tangenti. Secondo l'accusa il redditizio business avrebbe consentito a ciascun addetto all'obitorio di intascare dai quattro ai cinquemila euro all'anno. A dare il via alle indagini erano stati tre esposti presentati da familiari di altrettanti defunti. I congiunti si erano rifiutati di sottostare all'accordo tra addetti all'obitorio e responsabili delle pompe funebri. Non avevano pagato e, ancora secondo l'accusa, i loro cari non erano stati sbarbati e neppure rivestiti. Il servizio di preparazione della salma in vista del funerale costa 80 euro. È una cifra che l'agenzia di pompe funebri incaricata dalla famiglia dovrebbe versare all'Azienda ospedaliera. Gli operatori socio sanitari, in accordo con gli impresari, si sarebbero fatti consegnare 50-60 euro per morto, avrebbero regolarmente sbarbato e rivestito il defunto per poi certificare falsamente che la salma era arrivata già pronta per essere adagiata nella cassa. In altre parole i congiunti del deceduto pagavano le pompe funebri che allungavano a loro volta la mazzetta agli addetti all'obitorio.
Marco Aldighieri
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Il Gazzettino