Romano ProdiAnche se ispirate dalle migliori motivazioni, è assai raro che le sanzioni economiche imposte ad un paese operino nella giusta direzione. Quasi sempre, invece di...
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Anche se ispirate dalle migliori motivazioni, è assai raro che le sanzioni economiche imposte ad un paese operino nella giusta direzione. Quasi sempre, invece di colpire i dittatori o gli oppressori, finiscono con il gravare sulla parte di popolazione più debole e indifesa. I governanti, infatti, possono addossare la responsabilità del peggioramento dell'economia non ai propri errori ma alla malvagità di coloro che hanno imposto le sanzioni. In ogni caso, dato che non tutti i paesi obbediscono e alcuni continuano a commerciare col paese colpito adottando sotterfugi vari, il sistema sanzionatorio finisce col distorcere il sistema commerciale, favorendo i paesi più disposti a cercare vie traverse.
In questo quadro rientra quasi perfettamente la decisione di Trump di ritirarsi dall'accordo sottoscritto nel 2015 per il controllo della produzione nucleare da parte dell'Iran. Un accordo firmato non solo dagli Stati Uniti ma anche da Cina, Russia, Francia, Germania a Gran Bretagna. Un accordo che, come tutti i trattati che ne concludono l'intesa, non è certo perfetto ma ha segnato un effettivo progresso rispetto alla situazione precedente e, come affermato dall'Agenzia delle Nazioni Unite che ha il compito di sorvegliarne l'esecuzione, è stato sostanzialmente rispettato nella sua esecuzione.
Fatta eccezione per gli Stati Uniti, nessuno dei paesi firmatari ha intenzione di ripudiare il trattato con l'Iran (...)
Segue a pagina 27
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Il Gazzettino