(...) Primo. L'Italia ha una storia di conflittualitàquasi esasperata tra toghe

(...) Primo. L'Italia ha una storia di conflittualitàquasi esasperata tra toghe
(...) Primo. L'Italia ha una storia di conflittualitàquasi esasperata tra toghe e politica. Le ragioni sono molte e risalgono al 1992 quando si è passati da una repubblica...

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(...) Primo. L'Italia ha una storia di conflittualitàquasi esasperata tra toghe e politica. Le ragioni sono molte e risalgono al 1992 quando si è passati da una repubblica partitica a una repubblica giudiziaria.

Intendiamoci: non è stata la magistratura a eliminare una classe dirigente che si era esaurita nell'incapacità e screditata nella corruzione: i processi ne hanno soltanto celebrato i funerali.
Ma da quel momento le toghe hanno colmato - come si dice -oggettivamente, un vuoto di potere, che non hanno più mollato. L'ingresso in campo di Berlusconi, con la sua impallinatura attraverso un avviso di garanzia notificato a mezzo stampa, ha gettato benzina sul fuoco. E da allora, con alti e bassi, le indagini continuano a condizionare parlamento, regioni e comuni, dove nessuno firma più nulla per paura di finire nel registro degli indagati. In questa infernale confusione, che ha frantumato il principio della divisione dei poteri, consentire a un magistrato, che magari ha acquisito notorietà e prestigio attraverso inchieste sui personaggi politici, di sostituirsi a questi ultimi, significa dare il colpo di grazia alle nostre già vacillanti istituzioni.
Secondo. La candidatura di un magistrato a maggior ragione se ha raggiunto la notorietà di cui sopra lo esporrebbe a una sorta di rilettura di tutta la sua precedente condotta professionale. Naturalmente nessuno pensa - e ci mancherebbe altro - che un giudice abbia strumentalizzato, cioè prostituito, la sua funzione, per prepararsi un buen retiro in parlamento o al governo.
Nondimeno la sola eventualità che qualche anima cattiva possa insinuare questo perfido sospetto dovrebbe suggerire di eliminarne il pericolo.
Terzo. Il magistrato che sfrutti - naturalmente con le più nobili intenzioni - tale notorietà per candidarsi, altera il principio della concorrenza leale, o quantomeno della parità delle condizioni di partenza. Decolla avvantaggiato solo per aver fatto, a suo tempo, il proprio dovere. Si dirà che anche un cantante, un calciatore o un artista possono godere di questa situazione di favore. E' vero. Ma nessuno di loro ha mai inquisito o incatenato un concorrente.
Certo, si può replicare che alcuni magistrati possono fare, o aver fatto, politica in modo anche più subdolo, orientando o strumentalizzando maliziosamente le proprie inchieste senza nemmeno esporsi nell'agone elettorale.
Ma a parte il fatto che addurre un inconveniente non significa risolvere il problema, resta la circostanza che l'ufficializzazione della candidatura non farebbe che avvalorare gli eventuali sospetti di una precorsa e sacrilega baratteria di partito.

In ogni caso questo pericolo mortale andrebbe affrontato con riforme ben più incisive di quella timidamente ora prospettata: dalla separazione delle carriere, alla trasparenza dell'azione penale, alla gestione delle intercettazioni, via via fino al funzionamento dello stesso Csm. Ma questo, direbbe De Gaulle, è un vasto programma.
Carlo Nordio
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Il Gazzettino