Prima vivere, poi filosofare. Per Luigi Di Maio è la sfida politica più

Prima vivere, poi filosofare. Per Luigi Di Maio è la sfida politica più
Prima vivere, poi filosofare. Per Luigi Di Maio è la sfida politica più dura da quando guida il M5S. Ha un sogno: arrivare al 25%. Ma ha anche una serie di incubi che da tempo...

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Prima vivere, poi filosofare. Per Luigi Di Maio è la sfida politica più dura da quando guida il M5S. Ha un sogno: arrivare al 25%. Ma ha anche una serie di incubi che da tempo si affacciano dalle sue parti: toccare il terzo posto, dietro il Pd; tagliare il traguardo seppur come secondo, ma staccato di oltre 10 punti da Matteo Salvini, con la Lega sopra il 30%.

Domani, anche nella migliore delle ipotesi, Di Maio dovrà continuare a indossare l'elmetto. Il Carroccio giocherà all'attacco per portare a casa i temi identitari che finora sono stati bloccati dai veti grillini. Il primo si chiama Tav.
Poi ci sono le questioni interne: l'altro giorno gli uomini più vicini al Capo politico del M5S ragionavano così: «Metteremmo la firma per un 23%». Una soglia psicologica importante anche per bloccare le possibili fronde, pronte ad affacciarsi in caso di disfatta. L'ala sinistra del Movimento non vede l'ora di rinfacciare a «Luigi» di essere stato per nove mesi troppo accondiscendente con l'alleato, facendolo crescere in maniera esponenziale. La svolta c'è stata negli ultimi due mesi, in versione siamo la nuova sinistra, ma potrebbe non bastare. E dunque il processo interno è dietro l'angolo. Al vicepremier non mancano gli argomenti di difesa: mai come questa volta Di Maio è stato solo. Senza Beppe Grillo sui palchi e con Alessandro Di Battista in panchina, tornato ultimamente sotto i riflettori per dire: «Il governo vada avanti, ma se cade e si torna al voto mi ricandido». Fattispecie negata proprio a Di Maio per via della regola del secondo mandato, che al momento rimane intoccabile come dichiarato in settimana, con goffo tempismo, da Davide Casaleggio. E allora avanti con questo esecutivo, pensa «Luigi», costi quel che costi: anche se ci sarà da fare l'Alta velocità o chiudere il dossier Autonomie, a vantaggio della Lega. L'importante è non uscire da Palazzo Chigi. Primo pensiero anche di Giuseppe Conte.
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Il Gazzettino