«Più controlli e più defibrillatori»

«Più controlli e più defibrillatori»
L'INTERVISTATREVISO «Lo screening eseguito sui giovani che fanno attività sportive ha portato a grandissimi risultati. Ma ci sono alcune patologie che non possono ancora essere...

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L'INTERVISTA
TREVISO «Lo screening eseguito sui giovani che fanno attività sportive ha portato a grandissimi risultati. Ma ci sono alcune patologie che non possono ancora essere evidenziate in anticipo perché restano nascoste. Per questa ragione è fondamentale che accanto all'attività per arrivare a diagnosi precoci continui a crescere un sistema di soccorso capillare attraverso la diffusione dei defibrillatori». A parlare è Patrizio Sarto, direttore dell'unità di Medicina dello sport dell'ospedale di Treviso. Il medico combatte da oltre 25 anni contro i problemi che possono colpire i giovani atleti.

La notizia della morte improvvisa del 14enne studente del Barsanti di Castelfranco ha scosso tutti.
«È un dolore immane la perdita improvvisa di un ragazzo, di un figlio così giovane, è una cosa che ti sconvolge dentro. In questo momento sono molto vicino alla sua famiglia».
Senza entrare nei dettagli del caso specifico, c'è un modo per poter scongiurare le morti improvvise?
«La Medicina dello sport sta facendo un lavoro enorme. La diagnosi precoce è il primo obiettivo. Purtroppo oggi certe patologie restano ben nascoste anche a fronte degli screening. L'incidenza delle morti improvvise è inferiore all'uno per cento nelle persone con meno di 35 anni. Il nostro impegno è di portare avanti la ricerca. Di pari passo, però, deve esserci anche una maggiore diffusione dei defibrillatori, in modo da poter sempre contare su un sistema di soccorso».
Bisognerebbe renderli obbligatori in tutti i luoghi di ritrovo dei giovani, a partire dalle scuole?
«Anche oltre l'obbligo, in strutture come scuole o impianti sportivi, sarebbe cosa buona e giusta prevedere sempre la presenza di un defibrillatore da usare in caso di emergenza. Solo così oggi si può provare ad arginare un fenomeno che è sconvolgente per tutti».
Nemmeno una settimana fa proprio un defibrillatore aveva salvato la vita a un 15enne che era andato in arresto cardiocircolatorio mentre stava finendo l'allenamento di atletica a Treviso.
«Questo conferma una volta di più l'importanza di questo strumento che è in grado di salvare la vita alle persone».
Nel 2017 come unità di Medicina dello sport avete salvato la vita a 18 ragazzi facendo emergere patologie cardiovascolari insospettabili. Le situazioni a rischio e le morti improvvise sono in aumento tra i giovani?
«A livello generale i numeri sono in linea con quelli degli anni scorsi. Oggi l'informazione è molto più puntuale. Detto questo, ci sono condizioni particolari che vanno analizzate caso per caso. Ma la vera differenza sta nel fatto che è possibile provare a evitarle».
Da una parte c'è lo screening per le diagnosi precoci e dall'altra l'intervento di emergenza con il defibrillatore. Oltre ai casi estremi, però, c'è qualcosa a cui dover prestare attenzione?
«Il suggerimento è sempre quello di stare attenti ai sintomi. Se ci si ammala, meglio portare a termine la convalescenza in modo completo prima di riprendere a fare attività sportiva. Tanto più in un periodo di passaggio autunnale come questo, che può portare a raffreddore e febbre».
Ultimamente avete avviato uno studio specifico sui giovani atleti.

«Si tratta di uno studio nazionale che nel tempo ci porterà a effettuare degli accertamenti su 800 giovani. L'obiettivo è proprio quello di studiare i problemi e le situazioni anomale che purtroppo possono sempre presentarsi».
Mauro Favaro
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Il Gazzettino