PELLICOLE ITALIANE Arriva a Cannes il primo film italiano. Sta in Un certain

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PELLICOLE ITALIANEArriva a Cannes il primo film italiano. Sta in Un certain regard, il secondo Concorso: non dà Palme, ma il prestigio non manca. Il film è un lavoro di...

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PELLICOLE ITALIANE
Arriva a Cannes il primo film italiano. Sta in Un certain regard, il secondo Concorso: non dà Palme, ma il prestigio non manca. Il film è un lavoro di animazione, con le voci di Toni Servillo, Antonio Albanese, Corrado Guzzanti e Andrea Camilleri. Lo firma Lorenzo Mattotti, un maestro disegnatore, bresciano di origine e laureato a Venezia. Il romanzo da cui è tratto è di Dino Buzzati. Il titolo è La famosa invasione degli orsi in Sicilia, dura meno di un'ora e mezza, lascia una scia di colori accesi e una lunga serie di immagini bellissime, è un racconto semplice tra natura e società, tra orsi e umani, dove la fantasia è galoppante, la sorpresa continua e il messaggio forte. Ed è stato accolto da un bell'applauso.

Lorenzo Mattotti, dall'alto di una magnifica terrazza sulla Croisette, dice cose interessanti e intelligenti: «Buzzati mi ha influenzato sia per lo stile dei suoi racconti, sia per il mistero che contiene. Ha un immaginario visionario e d'altronde aveva fatto anche il fumettista. Lo considero un mio maestro. Così quando i produttori mi hanno chiesto che film volevo fare, ho pensato subito a lui e a questa sua storia. Certo non è stato facile trovare i diritti, mi ha aiutato molto la moglie Almerina, che era affascinata dal lavoro che proponevo. Abbiamo cambiato alcune cose, soprattutto introdotto almeno un personaggio femminile, che nel romanzo non esisteva e oggi non si può fare senza. E abbiamo aggiunto la storia raccontata attraverso un cantastorie, visto che siamo anche in Sicilia, e questo ci ha permesso di dare vivacità al racconto, di entrare e di uscire dalla narrazione». In effetti il metalinguaggio è evidente, ma si nota sempre la voglia di raccontare: «Volevo dare un ritmo forte, rispetto a un racconto che è più lento. E una profondità di campo, che permettesse anche grandi spazi, grandi paesaggi alla Lawrence d'Arabia. Degli orsi volevo mostrare la dolcezza, spesso trascurata, con una sorta di ironia diffusa». Il racconto si apre a molte letture, che forse si distaccano da quelle di allora. Era il '45, la fine della guerra, della dittatura: «Sì, direi che oggi lo vediamo con la forza dei temi universali, ma certo modellati all'oggi. Penso alla lettura ecologica, la corruzione, il rapporto così intenso tra padri e figli». (adg)
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Il Gazzettino