Paolo Rossi «Io giullare a teatro»

Paolo Rossi «Io giullare a teatro»
L'INTERVISTA«Questo è un teatro che immagina il passato per ricordarsi il futuro». Con i toni di un giullare disincantato e appassionato, Paolo Rossi utilizza questa istrionica...

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L'INTERVISTA
«Questo è un teatro che immagina il passato per ricordarsi il futuro». Con i toni di un giullare disincantato e appassionato, Paolo Rossi utilizza questa istrionica iperbole per raccontare il senso del suo nuovo lavoro costruito sulle tracce di Molière, utilizzando il paradosso della finzione come provocazione per leggere il presente. Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles in scena al Teatro Verdi di Padova oggi 16 gennaio (info www.teatrostabileveneto.it).

Signor Rossi, da dove riprende il viaggio verso Versailles?
«Questa è la quinta puntata della serie e, per esser sinceri, si avvicina alla partenza per Versailles a lungo rimandata non a caso in scena viene citato più volte Aspettando Godot. Come la quarta, anche questa tappa nasce da una sorta di sogno e varietà onirico: il personaggio-persona-attore che sono io è messo con le spalle al muro e non gli resta che partire.
Cosa ha scoperto di nuovo da Molière?
«Sono andato più a fondo nel rapporto sofferto che ha con la sua grande contraddizione tra teatro e potere. La sua maledizione era di dover recitare per un pubblico che era anche il suo bersaglio, rimanendo satirico (per dirla con una definizione impropria). Una sorte che a me non capita, anche se cerco di evitare che lo spettacolo sia un confronto solo per quelli che la pensano come me. Mi costringo invece a perlustrare i miei lati oscuri e ridicoli. Anni fa dicevo di non temere Berlusconi, ma il Berlusconi nascosto dentro di me, per questo devo sempre provocarmi».
Quale futuro ricorda?
«Da Vico a Nietzsche, la legge delle ritornanze vede la storia come una giostra che gira. È una visione che io amo molto, soprattutto perché poi ci sono delle piccole pause o intermittenze in cui ti puoi infilare e, in qualche modo, provare a migliorare il futuro. Mi piace il motto spagnolo che dice: Il passato a volte torna, è lo stesso ma non è mai uguale. Nel presente grande è il disordine, il caos regna, la situazione è favorevole. E allora in fondo è uno spettacolo ottimista».
Favorevole per chi?
«Per che partecipa alla vita sociale, con istinto e talento. Il dramma vero oggi è che ci sono i mediocri e quelli di talento, ma i mediocri si svegliano sempre due ore prima e pensano come fregare quelli di talento e quindi hanno un bel vantaggio. Oggi però si stanno togliendo la maschera».
Porta in scena un gruppo numeroso, non è uno stand-up.
«Amo insegnare il mio mestiere. In questo lavoro sono capocomico e regista e drammaturgo; la compagnia non è un luogo molto democratico».
C'è sudditanza?
«Come in una nave ci vuole il capitano e poi ci sono nostromo, timoniere, ciurma Dopodiché la mia è una dittatura allegra e l'ammutinamento è previsto nel regolamento della nave».

Giambattista Marchetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino