Nicolò Miotto Migliaia di venezuelani scendono ogni giorno in piazza

Nicolò Miotto Migliaia di venezuelani scendono ogni giorno in piazza
Nicolò Miotto Migliaia di venezuelani scendono ogni giorno in piazza per protestare contro il presidente Nicolas Maduro. El dictador - urla la folla è colpevole di aver portato...

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Nicolò Miotto

Migliaia di venezuelani scendono ogni giorno in piazza per protestare contro il presidente Nicolas Maduro. El dictador - urla la folla è colpevole di aver portato al collasso l'economia venezuelana e di aver violato lo stato di diritto. Secondo gli analisti di geopolitica, nel paese si sta giocando una partita strategica globale che coinvolge Stati Uniti, Cina e Russia.

La regione è una delle zone più povere del mondo e le disuguaglianze sociali si mescolano al traffico di armi e droga e ai flussi migratori. Nel 1999 il generale Hugo Chavez venne eletto presidente del Venezuela, aprendo lo scontro politico con gli Usa. Forte del sostegno popolare, pose fine alle liberalizzazioni, facendo diventare colonna portante dell'economia venezuelana il settore petrolifero.
È proprio il petrolio una delle cause dell'insorgere del popolo contro il governo. Morto Chavez, Nicolas Maduro ha preso le redini del potere, scontrandosi con la caduta del prezzo del greggio. La crisi ha posto fine al sostegno governativo al welfare state e la folla è scesa in piazza. L'esercito ha represso duramente le manifestazioni popolari e dentro questa faglia politico-sociale si sono inseriti i tre principali attori statali globali: Stati Uniti, Cina e Russia. Dalla proclamazione della dottrina Monroe nell'800, Washington considera l'America Latina il giardino di casa. Gli Stati Uniti hanno inizialmente trovato il loro portavoce in Juan Guaidó, giovane politico venezuelano, che ha tentato di guidare le proteste popolari, ma con risultati insoddisfacenti. Washington ha perciò deciso, mentre ancora si svolgono negoziati tra Maduro e Guaidó, di valutare nuovi candidati. Fra questi spicca la figura di Henri Falcón, politico legato all'opposizione e ai settori industriali del Nord America: è pronto a diventare, con il sostengo statunitense, presidente del paese e a ridimensionare l'influenza cinese e russa a Caracas.
La Cina ha infatti posto il Venezuela al centro del progetto delle Nuove vie della Seta e sostiene con forza le posizioni di Maduro, criticando l'interferenza statunitense. Il Venezuela è ricco di risorse e interessa a Pechino: al petrolio si affianca il coltan, componente fondamentale nel settore della telefonia. La Russia è presente sul campo con consiglieri politici e militari e bolla come golpista l'opposizione. Il Venezuela può rappresentare per Putin una moneta di scambio in altri grandi negoziati internazionali, come la partita ucraina.

Il conflitto venezuelano non trova soluzione. I negoziati falliscono e gli attori globali si insidiano nelle dinamiche sociali e politiche del paese per assicurarsi uno spazio geopolitico di rilievo. Sono ormai quattro milioni i venezuelani fuggiti nei paesi limitrofi e chi rimane fatica a trovare medicinali e generi alimentari. L'embargo imposto a Caracas ha complicato una situazione economica già disastrosa e Maduro non ha intenzione di far entrare convogli umanitari a guida statunitense. Nessuno cede e la crisi umanitaria si aggrava ogni giorno di più mentre l'intero popolo venezuelano soffre e scappa.
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Il Gazzettino