Dalla coltivazione dell'orto al piatto d'alta cucina, servito su un vassoio che mixa cultura, enogastronomia ed estetica. È la filosofia di Nicola Dinato, classe '81, chef a...
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Com'è iniziata l'avventura?
«Per me la gavetta è iniziata prestissimo, da una stagione estiva a Stoccarda a 15 anni. Decisi subito di sfruttare il mio lavoro per assorbire altre culture. Appena diplomato, sono partito per Londra. Dopo vari tentativi, l'ingresso a Le Gavroche nella cucina di Michel Roux Jr é stato il vero trampolino di lancio, la grande scuola classica francese, vera palestra per affrontare in seguito cucine come Le Louis XV a Montecarlo di Alain Ducasse, El Bulli di Ferran Adria a Roses, in Spagna, all'epoca nel sogno di tanti cuochi dallo spirito libero, fino a dirigere una brigata di venti cuochi da David Bouley, lo storico bistellato di New York».
E poi?
«Poi ho sentito la necessità di stabilizzarmi un po' con Elodie, compagna di viaggio e moglie ora. Inizialmente passare da Manhattan alla campagna veneta é stato lo shock più grande. Ma era giunto il momento di realizzare il grande sogno che ogni cuoco ha nel cassetto, avere il proprio ristorante. Così assieme a Elodie nel 2001 ho aperto un locale in cui la cucina è in vetrina e si vede dalla strada, il Feva. Ho scelto come location Castelfranco, una cittadina che comunica molto bene con le principali province venete, un crocevia tra Venezia, Padova, Vicenza e Treviso».
Ora 'è anche un cortometraggio, "Oltre il Piatto", visibile sul canale della Word Pictures, in Vimeo.
«Un'idea che ho sviluppato assieme a Federico Basso e Alberto Coppe della Wolf Pictures, per coinvolgere il pubblico in primis, spero i clienti poi, nel soffermarsi un po' di più davanti ad un piatto di alta cucina, assaporando con gli occhi oltre al gusto anche l'enorme lavoro che c'è dietro, come nell'artigianato o nell'arte».
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Il Gazzettino