MUSICA Da oltre un decennio l'Archivio Fano, diretto da Vitale Fano, svolge un'intensa

MUSICA Da oltre un decennio l'Archivio Fano, diretto da Vitale Fano, svolge un'intensa
MUSICADa oltre un decennio l'Archivio Fano, diretto da Vitale Fano, svolge un'intensa opera di promozione della cultura italiana tra Otto e Novecento. Fondamentale...

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MUSICA
Da oltre un decennio l'Archivio Fano, diretto da Vitale Fano, svolge un'intensa opera di promozione della cultura italiana tra Otto e Novecento. Fondamentale l'approfondimento dell'opera del padovano Guido Alberto Fano che Giuseppe Martucci, il profeta della rinascita strumentale italiana, considerava il suo migliore allievo e che all'inizio del secolo scorso godette della considerazione di musicisti della statura di Arturo Toscanini e di Tullio Serafin. Il suo linguaggio fin dagli anni della giovinezza si aprì al mondo austrotedesco di Brahms e dintorni, ma con un personale gusto melodico molto emozionale che si direbbe italiano e con una solidità compositiva di notevole rilievo. Successivamente fu stimolato da altre esperienze soprattutto francesi e da un arcaismo lirico sfiorato da aneliti mistici. Molti gli interessi letterari, dall'epica carducciana all'estetismo dannunziano. Il contributo dell'archivio Fano è notevole nella rivalutazione del repertorio cameristico del nostro musicista, che ha svolto un ruolo molto significativo nel tempo in cui in Italia dominava l'enfasi del teatro verista.

Andrea Lucchesini, con Pollini il più notevole pianista italiano, ha eseguito alle Sale Apollinee della Fenice con pienezza cantabile e sontuosità coloristica due brani di Fano del 1933, Imago e Solitudo, in cui si nota in chiave di virtuosismo romantico un'assimilazione dell'impressionismo debussyano e uno sguardo all'idea del sacro del Parsifal. Per il resto il programma, presentato con brillantezza cmunicativa da Oreste Bossini. Il classicista Lucchesini riusciva ad adeguarsi all'estroversione gestuale di Gabriele Mirabassi, un grande clarinettista jazz, ma stilisticamente troppo espressivo in Schumann e in Poulenc. Più a suo agio l'ardente clarinettista è apparso nella piacevole sonata di Carlos Guastavino, un compositore argentino che in pieno Novecento accoglie le seduzioni folkloriche post lisztiane di Granados. Infine una troppo lunga manipolazione neoromantica del quarantenne brasiliano Andrè Mehmari, che gioca con Mozart e Scarlatti, mentre Mirabassi sfoga la sua estrosità strumentale. Caldo successo, due bis.

Mario Messinis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino