Mollali, questi grillini. Gli ripetono tutti i colonnelli della prima Lega, ma lui

Mollali, questi grillini. Gli ripetono tutti i colonnelli della prima Lega, ma lui
Mollali, questi grillini. Gli ripetono tutti i colonnelli della prima Lega, ma lui Matteo Salvini, non ne vuol sapere: si andrà avanti con questo esecutivo. Senza rimpasti né...

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Mollali, questi grillini. Gli ripetono tutti i colonnelli della prima Lega, ma lui Matteo Salvini, non ne vuol sapere: si andrà avanti con questo esecutivo. Senza rimpasti né cambi di premier. Ma c'è una variabile: se il Carroccio dovesse superare in comodità il 30% le tentazioni di far saltare il banco alla prima occasione utile (di merito) diventerebbero reali. Di sicuro, da domani «Il Capitano» ha intenzione di cambiare schema di gioco. Mettendo subito sul tavolo l'approvazione di Tav, Autonomia e Flat Tax. «Chi vince, guida», dice appunto il suo braccio destro Giancarlo Giorgetti. Altrimenti? La risposta è scontata, se Salvini si confermerà l'uomo forte del Paese.

A un anno dalle elezioni politiche, inoltre, potrebbe completarsi la mutazione della Lega come partito della nazione. Con un Nord molto influente (il trio Zaia-Fedriga-Fontana è destinato a contare sempre di più), ma con il resto dello Stivale molto ricettivo. Si punta, per esempio, a sbaragliare tutti nella Capitale, per portare avanti così l'Opa sul Campidoglio, già bene avviata a colpi di polemiche con Virginia Raggi.
In via Bellerio si tiene ben caldo anche l'altro forno, sempre utile per il piano B. Ma nella testa di Salvini non passa minimamente l'idea di ritornare a un centrodestra classico. Cioè con Berlusconi. Meglio, invece, un asse con la Meloni e con quei pezzi di FI che potrebbero essere in uscita. E dunque il ritornello è questo: «Speriamo che Silvio sia superato da Giorgia». L'altro scenario che ha davanti Salvini è quello di una Lega sotto il 30%, magari anche di due punti: il sogno dei grillini e la miglior condizione per la stabilità di governo. In questo caso però per «Matteo» sarebbe anche un segnale chiaro da prendere in considerazione: abbassare i toni per spaventare l'elettorato moderato, dopo polemiche e attacchi a tutti. Dall'Onu al Papa.
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Il Gazzettino