«Mi voleva la Juve non è un titolo scelto per prendere in giro»

«Mi voleva la Juve non è un titolo scelto per prendere in giro»
«Mi voleva la Juve», lo spettacolo teatrale la cui regia è firmata da Gianfelice Facchetti (nella foto sotto a sinistra), figlio di Giacinto (nella foto a destra),...

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«Mi voleva la Juve», lo spettacolo teatrale la cui regia è firmata da Gianfelice Facchetti (nella foto sotto a sinistra), figlio di Giacinto (nella foto a destra), indimenticabile giocatore dell'Inter e della nazionale, aprirà la stagione al Teatro de la Sena di Feltre venerdì alle 21. Sabato replica a Taibon, alle 17, nella palestra delle scuole elementari, a cementare una volta di più il legame di Gianfelice con gli amici dell'Interclub Agordino che porta il nome del padre. Un rapporto che ormai va ben al di là della conoscenza. «Sono felice di tornare nel Feltrino, ci sono già stato tre anni fa con l'Inter Club Moratti di Fener - racconta lo stesso Facchetti - per presentare lo spettacolo tratto dal libro "Se no che gente saremmo". Nell'Agordino sarà una festa, anche se un po' mi dispiace perché lo spettacolo inevitabilmente limita il tempo di stare ad ammirare le Dolomiti con gli amici».

«Mi voleva la Juve» è un pezzo scritto da Gianfelice Facchetti che ne cura anche la regia: la vera storia dell'attore che la interpreta, Giuseppe Scordio, il calcio che diventa metafora della vita.
Quando Scordio le ha proposto «Mi voleva la Juve», ha almeno provato a cambiare il titolo?
«No, essendo la Juve la squadra che aveva cercato l'attore Giuseppe Scordio, non si poteva mettere un'altra cosa. Sono convinto che il titolo sia azzeccato per davvero e conta molto nella presentazione dello spettacolo, oltre al contenuto. Comunque ha colpito nel segno, molti mi hanno chiesto se li stavo prendendo in giro».
Attore e regista: come sta in questo secondo ruolo?
«È una conseguenza naturale della scrittura, scrivere per il teatro porta con naturalezza a pensare cosa dovrebbero fare gli attori, come dovrebbero essere gli ambienti o magari le musiche. E la regia altro non è che il desiderio di provare a mettere assieme una cosa dall'inizio alla fine».
Quando lei stava diventando ciò che non si aspettava suo padre, lui come l'ha presa?

«Ha rispettato la mia scelta, era affascinato e veniva anche più volte a vedere lo stesso spettacolo. Grande segno di attenzione e rispetto verso il mio lavoro. Da atleta e uomo di campo, era orgoglioso di quello che usciva dalla mano del figlio che ha potuto far studiare».(((mezzacasam))) Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino