Luminoso, scapestrato il Beethoven di Sardelli

Luminoso, scapestrato il Beethoven di Sardelli
LA RECENSIONETutto incentrato su Beethoven il secondo concerto della stagione sinfonica del Teatro La Fenice, affidato all'estro direttoriale di Federico Maria Sardelli che...

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LA RECENSIONE
Tutto incentrato su Beethoven il secondo concerto della stagione sinfonica del Teatro La Fenice, affidato all'estro direttoriale di Federico Maria Sardelli che abbandona il frac per una giacca di velluto rosso veneziano capace di non deludere le aspettative del pubblico con le sue letture che si distaccano dalla cosiddetta tradizione per approdare a risultati affabulanti pur mantenendosi nel rigore della filologia. Fin dal suo primo apparire sul palcoscenico del Malibran, Sardelli mette in chiaro che quello da lui proposto non è un approccio convenzionale; il suo Beethoven è luminoso e un po' scapestrato, con il clavicembalo scelta tutt'altro che convenzionale a sostenere il basso continuo, apollineo e inarrestabile nel flusso narrativo. Dell'Ouverture in do minore op. 62 Coriolano, composta nel 1807 per la tragedia omonima di von Collin, Sardelli ne offre una lettura in cui il conflitto disperato dei due temi appare in tutta la sua evidenza, a sottolineare i contrasti interiori del generale romano in un crescendo drammatico di grande coinvolgimento.

IL PROMETEO
Le creature di Prometeo è l'unico balletto che Beethoven compose, su libretto di Salvatore Viganò, per il Burgtheter e che incontrò grande favore di pubblico. L'idea del Titano ribelle a Giove che crea due statue alle quali dona la vita e che, portate sul Parnaso riceveranno ragione e sentimenti da Apollo e dalle Muse, non poteva non incontrare l'interesse anche filosofico del compositore. Qui Sardelli penetra a fondo nella natura stessa della pagina proponendo all'ascolto i momenti più salienti alternando eroismo a elegia; visione chiarissima sin dall'Ouverture, con i fulmini di Zeus che si abbattono minacciosi su Prometeo per aprirsi poi all'episodio successivo dove tutto si stempera. A concludere la Sinfonia n. 1 in do maggiore, ricca di echi haydeniani eppure già profondamente beethoveniana, eseguita come si trattasse di una corsa a capofitto giù da una collina in un pomeriggio di primavera. Pubblico entusiasta.

Alessandro Cammarano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino