LO SCANDALO ALBIGNASEGO Prima le segnalazioni formali inviate da alcune famiglie

LO SCANDALO ALBIGNASEGO Prima le segnalazioni formali inviate da alcune famiglie
LO SCANDALOALBIGNASEGO Prima le segnalazioni formali inviate da alcune famiglie alla Diocesi, poi lo scontro violento su Facebook tra due fazioni contrapposte, infine le lettere...

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LO SCANDALO
ALBIGNASEGO Prima le segnalazioni formali inviate da alcune famiglie alla Diocesi, poi lo scontro violento su Facebook tra due fazioni contrapposte, infine le lettere anonime lasciate misteriosamente in diverse cassette della posta. Se nelle ultime settimane lo scandalo di don Marino si è trasformato in una grande saga di paese, ora c'è spazio per una nuova puntata. L'ultimo personaggio ad entrare in scena, domenica mattina all'improvviso, è stato il poeta ignoto. Perché mentre a San Lorenzo di Albignasego si celebrava la messa delle 10, attorno alla chiesa spuntavano strani volantini conditi da nuove frecciate. Contengono una poesia scritta in dialetto, con quattro versi rigorosamente in rima, che difendono il sacerdote dimissionario e attaccano una parrocchiana accusandola di aver orchestrato una trappola nei suoi confronti.

I VERSI
La chiesa in questione è quella di San Lorenzo in Roncon, dove fino allo scorso 2 gennaio ha celebrato messa il padovano don Marino Ruggero. Da quando il prete si è dimesso in accordo con il vescovo (è sotto processo canonico per aver violato «l'obbligo di celibato») in parrocchia è venuta a galla una clamorosa faida intestina. Chi accusa don Marino (poche famiglie che per ora parlano solo sottovoce) si contrappone a chi lo difende (la maggioranza dei parrocchiani, che hanno inviato alla Diocesi 1.200 firme e lo ritengono vittima di un complotto). Appartiene a questa seconda schiera il misterioso letterato che nei giorni scorsi si è dilettato a comporre una poesia distribuita con dei volantini in diverse zone del paese, perfino davanti all'edicola e sulla bacheca delle epigrafi.
L'incipit è rivolto ad una storica volontaria della parrocchia, molto attiva ai tempi del precedessore don Carlo Daniele. «E brava la (...), nostra parona, che ga copà el prete, pai skei o par la m...?». Il secondo verso chiama in causa presumibilmente il vescovo monsignor Claudio Cipolla. «Bravo anca el Claudio, gran fabrisiere, che no ghe intaressa sto gran dispiasere». Fabrisiere significa fabbriciere, colui che amministra i beni ecclesiastici. Difesa strenua e sarcastica di don Marino anche nel terzo verso («Batemo le man anca a Curia, che cassa el Marin col baston e la scuria». La chiosa è ironica: «Par non finir come el Sarpi, poareto, me tegno ben sconto parfin soto al leto». Il riferimento è a Paolo Sarpi, teologo veneziano cinquecentesco, oppositore del centralismo della Chiesa cattolica. Rifiutò di presentarsi di fronte all'Inquisizione romana che intendeva processarlo e subì un grave attentato attorno a cui non venne mai fatta luce. La poesia è seguita da una frase latina: «Nemo me impune lacessit». «Nessuno mi sfida impunemente».
Un volantino goliardico, dunque, che arriva pochi giorni dopo le lettere anonime lasciate in alcune cassette della posta in cui si faceva riferimento perfino ad un vecchio video a luci rosse. Protagonista una donna del paese che, secondo il racconto anonimo, «sperava di essere assunta nell'asilo parrocchiale senza averne i titoli e avrebbe messo in giro la diceria che don Marino non l'avrebbe assunta per quel filmino vecchio di vent'anni». Ironia, rancori e insinuazioni pesanti: tutto si mescola nella saga di paese.
LE DIVISIONI
E i parrocchiani, davanti a questi volantini, che fanno? Si dividono. Da un lato la maggioranza, pronta venerdì sera a scendere in strada con una fiaccolata silenziosa per chiedere il ritorno del parroco: «Alcuni fedeli stanno provando ad incastrarlo con false accuse, ma la realtà è che don Marino aveva tolto potere al vecchio gruppetto di persone che gestiva economicamente la parrocchia e quindi era diventato scomodo» dicono facendo fronte compatto. Dall'altro ci sono gli accusatori, che scelgono però la linea del basso profilo: «Lasciamo che le indagini facciano il proprio corso» tagliano corto. Sono quelli che accusano don Marino di aver avuto relazioni con altre donne («Una delle quali ha lavorato con lui in parrocchia e i loro incontri erano sulla bocca di molti») e ora ritengono che le successive bordate del sacerdote («È tutta una questione di soldi, io farò i nomi dei preti pedofili») siano solo «mosse per distrarre».
LE ULTIME PAROLE

Il cinquantaquattrenne parroco dimissionario da una settimana ha scelto la linea del silenzio ma non ha rinunciato a mandare alcuni messaggi su Facebook. L'ultimo alle 6.50 di ieri mattina: «La vita a volte fa male, a volte ti stanca, non è coerente, non è perfetta. Ma nonostante tutto la vita è bella». La frase è accompagnata ad un'immagine del celebre film di Benigni. Un'immagine doppiamente simbolica nel Giorno della Memoria. Nei giorni scorsi lo stesso don Marino ha commentato alcuni post su Facebook dei detrattori usando frasi sibilline ma eloquenti: «Credo che 1.200 firme parlino da sole, verranno finalmente a galla molte cose. Molte...». Nella piccola frazione non si parla d'altro e allora un ragazzo ci scherza su: «Ma nel campetto parrocchiale possiamo tornare a giocare oppure rischiamo di trovarci le mine?». Una battuta in mezzo ad una valanga di fango.
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino