LE INDAGINI PORDENONE Due anni di inchiesta sui falsi prosciutti Dop, 103 indagati,

LE INDAGINI PORDENONE Due anni di inchiesta sui falsi prosciutti Dop, 103 indagati,
LE INDAGINIPORDENONE Due anni di inchiesta sui falsi prosciutti Dop, 103 indagati, 80mila prosciutti di San Daniele sequestrati e restituiti smarchiati, cioè declassati a...

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LE INDAGINI
PORDENONE Due anni di inchiesta sui falsi prosciutti Dop, 103 indagati, 80mila prosciutti di San Daniele sequestrati e restituiti smarchiati, cioè declassati a semplice nazionale. Per esser precisi i decreti di sequestro firmati dal pm Marco Brusegan riguardavano 270mila pezzi sospetti, pari al 10% dell'intera produzione annuale di San Daniele, un valore di 27 milioni di euro. Ma 190mila prosciutti erano già stati commercializzati. Non erano nocivi per la salute, semplicemente non potevano fregiarsi del marchio di Denominazione di origine protetta, anche se il consumatore li ha pagati come un prodotto di qualità super-certificato.

LA FILIERA
Le indagini della Procura di Pordenone sulla frode in commercio aggravata coinvolge l'intera filiera del prosciutto di San Daniele. Ieri anche il ministro dell'agricoltura Marco Centinaio ha ringraziato gli inquirenti. La contraffazione cominciava nelle scrofaie friulane, con l'importazione di veri Duroc danesi, una genetica vietata dal disciplinare Dop. Rispetto alla razza consentita, cioè il suino pesante che arriva a 160/170 chilogrammi nel giro di 9 mesi, il danese cresce più in fretta, con vantaggi economici per gli allevatori specializzati nell'ingrasso. Le false cosce Dop - come accertato dai carabinieri del Nas e dell'Ispettorato repressione frodi di Udine - arrivavano nei prosciuttifici con la complicità del macello gestito dal Gruppo carni friulane Srl ad Aviano, di veterinari e due (su 31) prosciuttifici (Testa&Molinaro e Sanbon). Il meccanismo sarebbe cominciato una decina d'anni fa. L'Ineq, l'istituto che vigila sul Dop, era stato il primo a segnalare che tra le cosce destinate al San Daniele finivano anche quelle dei Duroc danesi, carne non adatta alla stagionatura. Ma il suo ex direttore si è a sua volta ritrovato nella lista dei 103 indagati, anche se limitatamente all'ipotesi di reati di omessa vigilanza.
La frode non riguarda soltanto la genetica. Il disciplinare detta anche la dieta dei maiali e gli investigatori hanno scoperto che alcuni allevatori usavano cibi vietati: scarti di produzioni industriali di pane, pizza, pasta e dolci. Ma questi aspetti riguardano il troncone d'inchiesta più leggero dal punto di vista penale. Dei 62 indagati e 25 delle società chiamate in causa per la responsabilità amministrativa (a cui si aggiungono 13 indagati e 3 società di competenza delle Procure di Verona, Udine, Gorizia e Treviso), una parte dovrà affrontare l'udienza preliminare. Si tratta delle 8 posizioni a cui è stata contestata l'associazione per delinquere (per aver ideato il meccanismo del falso Dop) e di coloro che verranno chiamati in causa per i reati contro la pubblica amministrazione.
LE REAZIONI
Il Consorzio del prosciutto di San Daniele ieri ha annunciato l'intenzione di costituirsi parte civile per chiedere il risarcimento dei danni. I prosciuttifici di San Daniele - 3 milioni di prosciutti lavorati ogni anno - si sentono le prime vittime di un sistema che ha gravemente danneggiato un prodotto che figura al secondo posto tra le Dop di carne italiane, rappresenta il 22,5% della produzione annua dei prosciutti Dop e vale 65 milioni di euro di esportazioni.
A indagini chiuse scende in campo anche Coldiretti, che chiede ai magistrati pordenonesi di fare chiarezza in «tempi rapidi» per tutelare un prodotto che con un fatturato di 800 milioni rappresenta uno dei simboli del made Italy: «È necessario evitare che qualsiasi ombra si allunghi sulle produzioni italiane di qualità, che devono affrontare l'assedio di oltre 100 miliardi di falsi in tutto il mondo, aumentati del 70% nell'ultimo decennio, per effetto della pirateria che usa impropriamente parole, colori, località, immagini e denominazioni che si richiamano all'Italia». Un allarme raccolto da Nicodemo Oliverio, responsabile Agricoltura del Pd, che ha annunciato un'interrogazione parlamentare.

Protesta Carlo Dall'Ava, titolare del prosciuttificio Dok Dall'Ava: «Siamo noi la parte lesa. Non c'è stato alcun danno per i consumatori, i prosciutti non conformi sono stati rintracciati e smarchiati». Ma in Friuli sono in tanti a temere ripercussioni per il marchio. A cominciare dal sindaco di San Daniele, Paolo Menis. La sua speranza è che i tempi della giustizia possano essere brevi, perché i «produttori sono persone perbene. Se poi saranno necessari altri controlli, si facciano».
Cristina Antonutti
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Il Gazzettino