La visione di Valeri: «Venezia, gioco di fata Morgana»

La visione di Valeri: «Venezia, gioco di fata Morgana»
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C'è una città di questo mondo / ma così bella, ma così strana / che pare un gioco di fata morgana / e una visione del cuore profondo. / Avviluppata in un roseo velo / sta con le sue chiese, palazzi, giardini / tutta sospesa tra due turchini / quello del mare, quello del cielo. Basterebbe forse solo l'incipit della sua poesia Venezia, per inquadrare Diego Valeri nel novero di quelli che sono entrati nello spirito della città e sono riusciti a rivelarlo. Eppure come accaduto a molti altri nella storia pur non essendo nato a Venezia (non vi morì neppure), trovò in laguna la sua dimensione umana e poetica migliore; perché Valeri pur essendo un accademico e un traduttore dal francese di altissimo livello fu essenzialmente un poeta, e per quello è soprattutto ricordato. Nato a Piove di Sacco nel padovano il 25 gennaio 1887 da Abbondio Valeri e Giovanna Fontana, crebbe a Padova con la madre e i due fratelli maggiori e lì si formò alle lettere, tra il liceo Tito Livio e l'università. Negli anni di studio conobbe Maria Minozzi, che divenne sua moglie e dalla quale ebbe le figlie Nini e Momi (Giovanna e Marina); a ventuno anni conseguì la laurea e nel 1912 vinse un concorso per la cattedra di italiano e latino nei licei e una borsa di studio per un corso di perfezionamento alla Sorbona e all'École pratique des Hautes Études di Parigi. L'esperienza francese fece di lui un grande traduttore: Madame Bovary di Flaubert, Il rosso e il nero di Stendhal, le Favole di La Fontaine

continua a pagina XXVII
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Il Gazzettino