LA TESTIMONIANZA PORDENONE C'è una famiglia a Cordenons, dove il Natale

LA TESTIMONIANZA PORDENONE C'è una famiglia a Cordenons, dove il Natale
LA TESTIMONIANZAPORDENONE C'è una famiglia a Cordenons, dove il Natale è soltanto dolore e lacrime. È la famiglia di Leticia, la piccola di 10 mesi morta la notte del 13...

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LA TESTIMONIANZA
PORDENONE C'è una famiglia a Cordenons, dove il Natale è soltanto dolore e lacrime. È la famiglia di Leticia, la piccola di 10 mesi morta la notte del 13 dicembre all'ospedale di Padova dopo essere stata rimandata a casa tre volte con vomito, dolori e diarrea. Tre pediatri, in seguito alla segnalazione dell'Azienda ospedaliera di Padova alla Procura, sono stati iscritti sul registro degli indagati per l'ipotesi di omicidio colposo. «Un bambino in Africa non muore così...», sono le amare parole di Joseph Gyamfi, il padre della piccola. Lui e la moglie sono di origine ghanese. Lui è in Italia da 13 anni, lavora a contratto. La moglie è qua da otto anni. Vivono in una palazzina di Cordenons con due figlie di 6 e 3 anni. A sostenerli ci sono i nonni e i fratelli. Ma è difficile andare avanti. Non si danno pace, sono tormentati da tante domande a cui non riescono a dare una spiegazione.

Leticia era nata il 9 febbraio scorso. Era una bambina sana. Quando ha cominciato a star male, il pediatra di famiglia li aveva consigliati di portarla al pronto soccorso pediatrico se la situazione fosse peggiorata. Aveva vomito e dissenteria. Piangeva perchè aveva tanti dolori. I genitori si sono preoccupati e l'hanno portata al pronto soccorso pediatrico. Per tre volte li hanno rimandati a casa. «Ci ripetevano non è niente, non è grave, passa... - racconta il padre - Leticia continuava a soffrire, piangeva, eravamo preoccupati. Le medicine non le facevano niente. Tutto quello che mangiava lo vomitava, l'unica soluzione era darle acqua, idratarla. La prima cosa da fare è dare acqua, abbiamo fatto così, ma non è servito».
Il papà non sa ancora che l'autopsia eseguita la vigilia di Natale dal medico legale Antonello Cirnelli ha evidenziato che la piccola aveva un'emorragia intestinale. «Forse - ipotizza al telefono - è stato per via dei tentativi di rianimazione». Joseph Gyamfi riesce a ripercorrere con lucidità quei due giorni di angoscia e paura cominciati l'11 dicembre. Il pediatra di famiglia che si raccomanda di portare la piccola in ospedale, i medici del Santa Maria degli Angeli che li rassicurano e poi la corsa disperata all'ospedale di Padova. È tutto scolpito nella sua mente. «Non riusciamo a capire perchè ci mandavano a casa - spiega - Ma adesso vogliamo sapere, non è giusto, i medici devono prendere le cose sul serio quando c'è un bambino che sta male. Ci hanno trattato come se Leticia avesse qualcosa di poco conto. Mia figlia piangeva, mia moglie piangeva disperata e loro ripetevano che non era nulla di grave, che non aveva febbre e non dovevamo preoccuparci. Io a un certo punto ho anche pensato che ci dicessero così perchè siamo di colore. E adesso siamo qui, a Natale, senza Leticia, siamo a qui a piangere... Doveva essere una festa, invece...».
La situazione è precipitata la sera del 12 dicembre. Gyamfi e la moglie si sono rivolti nuovamente all'ospedale verso le 19: Leticia era in condizioni disperate. «Il suo cuore si è fermato due volte. La prima volta mezz'ora, poi venti minuti. Da lì hanno capito che era una cosa seria e si sono presi cura della bambina - precisa il genitore - Hanno deciso di portarla a Padova con l'elisoccorso, invece poi alle 23.30 è partita un'ambulanza, noi dietro, in macchina... l'abbiamo anche persa di vista perchè correva troppo». Non è stato possibile trasportare la bimba in elicottero perchè in caso di arresto cardiaco non sarebbe stato possibile avviare le manovre di rianimazione a bordo del velivolo. «All'una di notte eravamo a Padova anche noi - prosegue il papà - Un medico ci ha spiegato che la situazione era grave, siamo rimasti lì fino alle 3.30... poi lei è andata».

I medici dell'ospedale di Padova hanno cercato fino all'ultimo di tenere in vita la piccola. Per tre volte hanno tentato di rianimarla. «La quarta volta siamo stati noi a chiedere di tentare. Hanno provato, provato, provato, provato... ma il cuore si era fermato - racconta Joseph Gyamfi - Adesso mi chiedo perchè la bambina non è stata tenuta in ospedale subito? Nessuna bambina deve soffrire così, nessuna famiglia deve soffrire così. Evitiamo che succeda, per un bambino l'attenzione va raddoppiata».
C.A.
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Il Gazzettino