ROMA - Il conto alla rovescia delle elezioni romane è partito anche per il Movimento 5 Stelle. I pentastellati, che entro metà mese dovrebbero formalizzare il loro candidato...
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Parole che vogliono fugare ogni dubbio sulla volontà reale del M5S di conquistare il Campidoglio. Ma la polemica sul "regolamento" è dietro l'angolo, alimentata principalmente dal Pd. La dem Alessia Rotta si chiede se «150.000 euro è quanto chiedono nel partito-azienda se uno ha la malaugurata idea di pensare o dissentire? Siamo alla follia, è un insulto alla democrazia». «Ogni giorno di più, i 5 stelle dimostrano che uno non conta affatto per uno - rincara il deputato Pd, Ernesto Carbone - nessuna trasparenza, nessuna partecipazione davvero democratica». E dalla Regione Campania interviene anche il governatore Vincenzo De Luca: «Un esponente mistico dei Cinque Stelle che vive a Milano ha deciso che chi si candida e viene eletto a Roma deve pagare 150.000 euro se non è d'accordo...».
Ma la controffensiva dei grillini non si fa attendere. «L'attacco contro di noi continua - replica Alessandro Di Battista - In un Paese dove arrestano un esponente del partito di governo al giorno il problema è sempre tutto quel che fa il M5S. Il dramma è un codice di comportamento a Roma che serve a far rispettare regole e programma». Chiosa la deputata Roberta Lombardi: «Se ti candidi con noi prendi un impegno per questa città. Astenersi perditempo». Interviene poi anche il blog di Grillo,l'"organo ufficiale", a precisare il tiro e inquadrare la decisione: «Per noi il vincolo di mandato significa che se ti candidi con una forza politica e prendi l'impegno di attuare un programma scelto dai cittadini non ti viene concesso di cambiare casacca dal giorno alla notte e usare la poltrona per salvaguardare i tuoi interessi. Se lo fai, paghi dazio, e quei soldi vengono investiti, come parte dei nostri stipendi, per realizzare un'opera pubblica nella città».
L'annuncio del codice, comunque lo si consideri, è indice che i tempi per la scelta del candidato sindaco del M5S si stanno accorciando davvero. Tra i papabili ci sono anche alcuni ex consiglieri comunali come Virginia Raggi e Marcello De Vito, il quale proprio ieri ha messo in chiaro: «Noi siamo fieri delle nostre regole». Tra le sue "denunce" su internet una delle ultime riguarda le aziende partecipate del Comune di Roma e della Regione Lazio: «Secondo voi è normale che 23 soggetti (19 uomini e 4 donne) ricoprano 103 incarichi pubblici? Come possono gestire bene queste aziende?». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino