LA SENTENZA PORDENONE Tre anni fa l'uccisione dei fidanzati nel parcheggio del

LA SENTENZA PORDENONE Tre anni fa l'uccisione dei fidanzati nel parcheggio del
LA SENTENZAPORDENONE Tre anni fa l'uccisione dei fidanzati nel parcheggio del palasport di Pordenone. Trifone Ragone (28 anni) e Teresa Costanza (30) sono stati giustiziati in...

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LA SENTENZA
PORDENONE Tre anni fa l'uccisione dei fidanzati nel parcheggio del palasport di Pordenone. Trifone Ragone (28 anni) e Teresa Costanza (30) sono stati giustiziati in auto con sei colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata. Gli indizi hanno portato gli inquirenti a Giosuè Ruotolo, da due anni in misura cautelare nel carcere di Belluno e lo scorso novembre condannato dalla Corte di assise di Udine all'ergastolo con due anni di isolamento diurno.

È soltanto il primo grado di una verità processuale che imputato e difesa non accettano. I giudici hanno motivato la sentenza con oltre 250 pagine. «Le stiamo esaminando attentamente, c'è molto su cui soffermarsi», afferma l'avvocato Roberto Rigoni Stern, che nei giorni scorsi assieme al collega Giuseppe Esposito ha incontrato Ruotolo in carcere. Insieme hanno letto i passaggi salienti della sentenza. «Ci sono punti su cui elaborare un appello per ottenere il vaglio critico della Corte d'assise d'appello di trieste», assicura Rigoni Stern.

I termini per depositare l'appello scadono a metà aprile. I punti su cui si concentrerà la difesa sono diversi, a cominciare dai coinquilini con la «memoria intermittente», come erano stati definiti per via delle dichiarazioni rese a più riprese e che avevano fornito alla Procura un movente. La Corte d'assise ha recepito in toto la ricostruzione della Procura: Giosuè avrebbe ucciso perchè Ragone minacciava di denunciarlo per via dei messaggi molesti inviati a Teresa attraverso un profilo Facebook anonimo, mentre si trovava in servizio alla caserma di Cordenons. Una denuncia avrebbe compromesso la carriera che stava per intraprendere nella Guardia di finanza. La difesa ha sempre respinto questa ricostruzione, come ha sempre contestato la ricostruzione della scena del crimine ed evidenziato l'inconciliabilità di alcune testimonianze raccolte tra le persone presenti la sera del 17 marzo 2015 nel parcheggio del palasport, dove anche l'Audi A3 di Ruotolo era rimasta a lungo in sosta. È da un'altra prospettiva che le famiglie delle vittime guardano alla sentenza. Ritengono che giustizia sia stata fatta e, dopo aver letto le motivazioni, sono pronte ad affrontare con fiducia anche il secondo grado di giudizio.
C.A.
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Il Gazzettino