LA POLEMICA VENEZIA Veneto, Emilia-Romagna e forse anche il Friuli Venezia Giulia

LA POLEMICA VENEZIA Veneto, Emilia-Romagna e forse anche il Friuli Venezia Giulia
LA POLEMICAVENEZIA Veneto, Emilia-Romagna e forse anche il Friuli Venezia Giulia potrebbero diventare zone rosse perché hanno tanti contagi in rapporto al numero di abitanti. E...

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LA POLEMICA
VENEZIA Veneto, Emilia-Romagna e forse anche il Friuli Venezia Giulia potrebbero diventare zone rosse perché hanno tanti contagi in rapporto al numero di abitanti. E cioè 250 positivi ogni 100mila abitanti. Peccato che il nuovo criterio di classificazione ventilato dagli esperti romani non convinca le Regioni. Anzi, dalle Regioni c'è già un fuoco di sbarramento. Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni, oltre che esponente di spicco del Pd, è stato chiaro: «Quel limite non l'ha chiesto nessuna regione e, se volete la mia impressione, non entrerà fra quelli utilizzati per decidere la colorazione o lo spostamento delle Regioni».

LO SCENARIO
La domanda è semplice: conviene fare tanti tamponi (e trovare eventualmente tanti positivi e quindi finire in zona rossa) o farne meno (e quindi risultare virtualmente in regola anche se, forse, non lo si è?). Il decreto del presidente del Consiglio dei ministri atteso per venerdì 15 gennaio cambierà i criteri di classificazione delle regioni ai fini del contenimento del coronavirus. Una delle ipotesi, circolata in queste ultime ore, è che possa scattare il rosso automatico nel caso in cui si superino i 250 contagi ogni 100mila abitanti. Far parte di una zona rossa non è roba da poco: non solo non si potrà uscire dalle propria regione, non solo non si potrà uscire dal proprio comune di residenza, di fatto si sarà in una specie di lockdown: tutti i negozi chiusi (tranne alimentari, farmacie, tabacchi) e spostamenti ridotti al minimo. Quello che non convince è la ratio del criterio che Palazzo Chigi vorrebbe applicare. E cioè: se il rapporto è positivi in base al numero di abitanti, allora tutte le regioni dovrebbero fare la stessa percentuale di tamponi? Oppure si rischia di penalizzare le regioni, come il Veneto e l'Emilia Romagna, che fanno tanti tamponi?
In vista del verdetto di venerdì prossimo, quando l'Italia sarà classificata a colori, oggi ci sarà un incontro tra il Governo e le Regioni con il ministro Francesco Boccia.
Va detto che da oggi tutta l'Italia è gialla, tranne cinque regioni - Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Calabria, Sicilia - che si troveranno in fascia arancione, quindi con il divieto per i singoli cittadini di uscire dal proprio Comune di residenza e, per quanto riguarda le attività economiche, con bar e ristoranti aperti solo per l'asporto. Il punto è che i nuovi criteri individuati in vista del Dpcm di venerdì prossimo sembrano penalizzare le regioni virtuose: fai tanti tamponi e trovi tanti positivi al Covid-19? Finisci in zona rossa. E chi, invece, i tamponi non li fa?
È chiaro che, in piena pandemia, la filosofia da seguire non può essere quella del non fare tamponi per non trovare positivi. Ma non può neanche essere quella secondo cui chi fa i controlli viene penalizzato. Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia-Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni, a proposito del criterio dei 250 positivi ogni 100mila abitanti, è stato chiaro: «Quel limite non l'ha chiesto nessuna regione». Di fatto una dichiarazione di principio - se non di guerra - in vista dell'incontro di oggi con l'esecutivo, che dovrà poi individuare le regole per riscrivere l'Italia a colori. L'automatismo del numero dei casi per 100mila abitanti - è il ragionamento che si sta facendo in queste ore fra amministratori e dirigenti sanitari - potrebbe infatti finire per penalizzare le regioni che fanno il maggior numero di tamponi ed essere una sorta di disincentivo al contact tracing, ovvero fare meno tamponi, per trovare meno casi, per non finire in zona rossa. E non terrebbe conto, inoltre, della diversa organizzazione delle strutture ospedaliere sui vari territori.
LA PRECISAZIONE

In Veneto è intervenuto Luciano Flor, direttore della Sanità della Regione: «Va detto con chiarezza che se i casi ci sono e non li trovi, i nuovi casi è come non esistessero. Va ricordato che i casi da comunicare al ministero sono esclusivamente quelli che hanno diagnosi di laboratorio (tampone) positiva (anche con pochi o nulli sintomi). Senza diagnosi di laboratorio positivo puoi essere in rianimazione intubato, ma non sei Covid. Noi siamo riconosciuti eccellenti nel monitoraggio (rileviamo e documentiamo tutto), nel testing (facciamo tanti tamponi) e nel tracing (ampia capacità di individuare e controllare focolai, casi, contatti) oltre che nella cura. A livello nazionale non è previsto un numero minimo di tamponi che ogni Regione deve fare. Di certo se non fai tamponi non avrai casi e quindi avrai una bassa incidenza. Ma l'incidenza che si dice verrebbe prevista (giustamente uguale per tutti) non può prescindere dalla reale capacità di individuare (obbligatoriamente tramite tampone) i casi di malattia che si manifestano in un territorio». L'analisi di Flor è disarmante: «Invece di incoraggiare e potenziare l'attività di prevenzione e controllo della pandemia, si rischia un effetto boomerang».
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino