«La gente non vuole un altro referendum»

«La gente non vuole un altro referendum»
Attenti alle soluzioni facili: nel dossier Brexit non ce ne sono. E non è solo per l'incapacità dei politici, ma perché quello che sta avvenendo a Westminster «riflette in...

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Attenti alle soluzioni facili: nel dossier Brexit non ce ne sono. E non è solo per l'incapacità dei politici, ma perché quello che sta avvenendo a Westminster «riflette in maniera precisa quello che è il paese oggi, ovvero spaccato nel mezzo e incapace di convergere su un'opzione che abbia una maggioranza». Parola di John Curtice, professore di politica all'Università di Strathclyde e massima autorità nazionale in materia di comportamento elettorale. Gentile e pacato, è lui l'uomo a cui tutti si rivolgono quando c'è da capire cosa pensano i britannici.

Professore, bisognerà pur tornare alle urne a un certo punto, non crede?
«Non se si cerca di uscire da questo pantano. Chiariamo una cosa: l'idea di un secondo referendum non è popolare, non piace alla gente. Stanno facendo una campagna brillante, ma la verità è che non ci sono le condizioni, l'opinione pubblica non è d'accordo, soprattutto quando si tratta di avere l'opzione di annullare la Brexit sulla scheda elettorale. E per quanto riguarda le elezioni, tra i partiti c'è un testa a testa, sono entrambi intorno al 37%. Si finirebbe con un hung parliament, un parlamento senza maggioranza, il rischio è molto alto».
La May appare ormai senza linfa. Non sarebbe meglio far provare qualcun altro?
«No, la crisi è troppo radicata per pensare che una figura carismatica possa servire. Ci vogliono piccoli passi e realismo e il tempo necessario per individuare i cambiamenti che permettano alla May di far approvare il suo accordo».
Ma dove si trova questo accordo, qual è lo spazio politico in cui cercarlo?
«Il problema è che tutti cercano di guadagnare il centro, il terreno comune, in modo da raccogliere una maggioranza per una delle varie opzioni, che per ora hanno tutte un quarto dei voti parlamentari circa. Ci prova la May e ci prova Corbyn, ma questo centro moderato è spopolato, non c'è nessuno: sono tutti agli estremi, lo scenario è polarizzato, non c'è una soluzione popolare. E le opinioni sono diventate più radicali, anche se i numeri non sono cambiati. Il rischio è che ci siano spaccature più profonde».
Ancora più profonde di quelle attuali? Si fa fatica a immaginarle.
«I Tories erano sull'orlo della spaccatura e lo sono ancora, la May sa che deve muoversi con cautela o rischia che il partito si rompa. È una possibilità concreta. L'opzione Norvegia potrebbe piacere a una maggioranza, ma comporta rischi politici altissimi per i conservatori. Al prossimo voto di fiducia non è detto che tutti i Tories votino per la May se lei cede sull'unione doganale».
L'ex premier Cameron ha difeso la decisione di tenere il referendum. Cosa ne pensa?

«Lì il vero calcolo errato fu della Ue: quando lui andò a chiedere delle concessioni, dovevano fare di più sulla libera circolazione, anche con una soluzione temporanea, e capire che il problema era reale».
Cri. Mar.
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Il Gazzettino